La nascita di questo fenomeno si perde nella notte dei tempi e si confonde con la diffidenza e con l’ostilità che l’uomo ha sempre provato per gli stranieri, cioè per tutti coloro che non appartengono alla sua comunità.
Pensate che su una stele fatta erigere dal faraone Sesostris III nel XIX secolo a.C. è scritto: “Frontiera del Sud, l’attraversamento di questa frontiera via terra o via fiume, in barca o mandrie, è proibito a qualsiasi nero, con la sola eccezione di qualche singolo che volesse concludere affari commerciali”.
Vale la pena ricordare inoltre il disprezzo che i Greci manifestavano nei confronti dei Barbari per differenze meramente linguistiche, culturali e politiche, mentre erano assenti i motivi biologici, che caratterizzano il razzismo moderno.
I Romani invece, più universalisti dei Greci, ebbero la tendenza a concedere progressivamente il diritto di cittadinanza ai popoli sottomessi e nel 212 d.C., con l’imperatore Caracalla, tutti i sudditi dell’impero furono considerati cittadini a parità di diritti e doveri.
Lo stesso Cicerone qualche tempo dopo scrisse: “Gli uomini si differiscono per il sapere, ma sono tutti uguali per l’attitudine alla conoscenza; non vi è razza che guidata dalla ragione non possa giungere alla virtù”.
Poi le cose cambiarono e la storia universale disegna altri scenari nella vita dei popoli e delle nazioni. Tra i principali e più recenti non possiamo non sottolineare il fenomeno dell’apartheid in Sud Africa, secondo cui ogni razza possiede un proprio destino e un contributo unico da dare al mondo, per cui esse devono essere tenute separate affinché ciascuno di esse possa svilupparsi secondo le proprie peculiarità.
Il principio di questo fenomeno, politicamente pericoloso e moralmente inaccettabile, mirava, nella mente dei suoi sostenitori, a risolvere tutti i contrasti in atto tra bianchi e neri, perché ognuno avrebbe sviluppato la propria identità senza entrare in contrasto con altre.
In realtà il motivo profondo era prolungare nel tempo la supremazia dei bianchi. Più di qualcosa cambiava dopo l’intervento del vescovo anglicano nero Desmond Tutu, premio Nobel per la pace nel 1984, che predicava la necessità di procedere con il dialogo e la non violenza, affermando che il cammino per la liberazione doveva passare attraverso il coinvolgimento del popolo bianco.
Grandi passi avanti ci furono in Sud Africa dopo la liberazione di Nelson Mandela.
Ma solo passi in avanti, mai una definitiva soluzione.
Anche Martin Luther King, grande difensore dei diritti umani, combatté e pagò con la vita il contributo al processo d’integrazione della razza nera. I martiri sembra non finiscano mai…
La spirale perversa del pregiudizio e l’immagine negativa dell’altro, producono un effetto scellerato nel quale siamo tutti coinvolti. Una certa politica e alcuni mezzi di comunicazione, certo non ci danno una mano!
Per entrare nei problemi quotidiani, molti sociologi tendono a spiegare che esiste una soglia, fortemente contestata, oltre la quale la proporzione degli stranieri diventerebbe insopportabile, dando luogo ad una inevitabile azione di rigetto.
Lo sforzo, a cui tutti siamo chiamati è l’innalzamento di questa asticella. Siamo pronti a questo salto di qualità? Dobbiamo preparare il nostro cuore e la nostra mente al rispetto dell’altro. Solo così potremo superare le mille difficoltà della vita presente e futura.
Giuseppe Suffanti