terremoto

Postato in data 6 Novembre 2016 Da In Fatti

INFERNO

Un boato assordante. La terra che trema, sussulta e oscilla per sessanta interminabili secondi.E poi  “ascolto” lo scricchiolio dell’armadio che avanza, il letto muoversi come un carro all’assalto, il soffitto spezzarsi in mille detriti, il pavimento diventare una voragine senza fondo.

La polvere entra nella narici, nella bocca e negli occhi spalancati nel buio. Le mani incrociate sul viso non bastano per proteggermi, tutto mi cade addosso e mi colpisce ma, nonostante l’inferno che si scatena e mi soffoca, resto assurdamente lucido e vigile.

Ho il tempo di assaporare il mio terrore e lo stupore di non sapere se quello che accade è un sogno o una terrificante realtà.

– Giacomo! Maria! Il terremoto! – ho il tempo di urlare annaspando, aggrappandomi alla poltrona saltata sul letto, al lampadario e  al comodino  che premono il mio petto assieme alla macerie sparse e fumose.

Infine tutto si ferma e tace. Un incredulo silenzio di ghiaccio mi inonda e mi avvolge impietrito.

Subito ancora una volta il mio pensiero corre a mia moglie e a mio figlio. Mia moglie con cui ieri sera ho fatto l’amore con la stessa passione di sempre, e mio figlio che ho accolto fra le mie braccia durante la notte quando è venuto a rifugiarsi nel nostro lettone.

Lui ha paura di stare da solo nella sua cameretta mentre c’è il temporale. Continuo a chiamarli per un numero infinito di volte.

Non mi risponde nessuno, non un respiro, un affanno, un lamento. Nulla.

Non riesco a muovermi. Tendo le mie mani indolenzite e tremanti da una parte e dall’altra cercando i loro visi, i loro corpi, qualcosa che mi confermi la loro presenza.

Forse sono storditi o sono stati sballottati lontano. Non so cosa fare. Se gridare all’ossesso o tentare di districarmi da questa trappola infernale.

Non so quanto tempo sia passato. Ma devo resistere, qualcuno dovrà pur venire a tirarci fuori da qui. Arriveranno i soccorsi, anche se dovrò aspettare parecchio. Forse c’è ancora speranza.

Prego. Invoco un Dio in cui non ho mai creduto. Però adesso ho bisogno di credere che ci sia da qualche parte se non voglio impazzire per la disperazione.

Non prego per me, ma per Giacomo, il mio stupendo bambino di cinque anni. E anche per Maria, una madre e una moglie meravigliosa. Loro sono la mia ragione di vita.

Ho costruito questa bella casa per loro, per viverci insieme felici. E mi illudevo che sarebbe stato un luogo solido e sicuro dove nessuno avrebbe mai potuto farci del male.

Ma l’inferno si annida nelle viscere della terra ed è proprio da lì che è emerso, inatteso, ruggente e furibondo come una belva assetata di sangue e di distruzione.

Dove sono finiti Maria e Giacomo?  Non sento niente e l’angoscia mi dilania.

Cerco di liberarmi freneticamente e di togliermi di dosso i calcinacci per poter respirare, scivolo a terra e arranco per trovare un varco o un appoggio.

Poi tocco una manina fredda. La stringo forte con la bocca spalancata da cui non riesco a buttare fuori quell’urlo soffocato che mi fende l’animo come una lama dura e affilata.

Non grido, non piango, continuo a stringere quella manina che diventa sempre più gelida.

Il tempo divora ancora un tempo indefinito. All’improvviso , fra uno strano sopore e i lampi di veglia, sento delle voci che chiamano.

– C’è qualcuno lì sotto? Rispondete!

Ascolto i cani abbaiare, le sirene suonare in un canto lugubre che sa di morte.

“Andate tutti all’inferno”- penso serrando la bocca asciutta e arida come il mio cuore.

– Io ci sono già. E non voglio andarmene. Non più”.

Angela Di Salvo

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