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Postato in data 29 Marzo 2017 Da In Politica

ESSERE UN POLITICO O VOLER FARE POLITICA?

Sono sempre più convinto che basterebbe togliere il vaticano dall’Italia per risolvere almeno il 50% dei problemi”: leggo queste parole postate su fb alle ore 10,41 di giorno 26 marzo 2017 dal consigliere comunale Dario Gulino dell’amministrazione pentastellata ragusana.

Non mi sento indignata perché ognuno è libero di esprimere quello che vuole, ma sbalordita sicuramente perché se parla un privato cittadino può anche blaterare quello che crede, ma un consigliere comunale se anche parla da un profilo privato non può dissociarsi dall’essere chi è e non può con tale leggerezza lasciar piovere affermazioni così gravi e soprattutto così insipienti.

Che il 50% dei problemi italiani sia da attribuire al vaticano è quanto di più qualunquistico e maldestro si possa immaginare… e dire.

Non conosco personalmente l’autore di questa barzelletta, ma mi chiedo se è possibile che una persona si candidi a delle elezioni per contribuire al governo di una città e possa poi davvero esternare pubblicamente affermazioni del genere parlando in modo serio.

Chi vota si aspetta che l’eletto conosca almeno un po’ i problemi del paese, che sia capace di tenersi informato, che sappia esprimere qualche parere costruttivo… che sappia quello che dice… macché!

Ha destato scandalo che il Gulino abbia scritto anche, all’interno dello spesso post, che questo è un “pizzo” pagato alla Chiesa e in effetti questa affermazione è gravissima e chi di competenza saprà reagire così come non poche reazioni si sono già levate, a cominciare dalla indignazione esternata dai consiglieri Mario D’Asta e Mario Chiavola e dalla loro formale richiesta al sindaco e alla Giunta perché chiariscano se condividono o meno le esternazioni del loro collega, o dalle precisazioni pubblicate in merito da don Giuseppe Antoci, direttore dell’ufficio dei beni culturali della diocesi.

Personalmente, da cittadina, mi rincresce soprattutto constatare come si possa considerare con tanta leggerezza la fiducia che delle persone hanno riposto, col proprio voto, in un loro concittadino.

Come pensare di poter ricoprire un ruolo pubblico e di poter restare contemporaneamente un qualsiasi giovane che dice quello che gli passa per la testa in quel momento, che cavalca l’onda del “si dice” o “si racconta” e che si lascia guidare dal “così fan tutti”? Che tristezza constatare come la professionalità sia stata soppiantata da un becero stile plateale e sensazionalistico!

Quale leadership può consentire che si lancino improperi e giudizi così indiscriminati sulle istituzioni? Quale ruolo pubblico prevede che si possano agitare bandiere accusatorie così approssimative e generalizzanti? Come si può concepire che l’importanza delle proprie opinioni e la responsabilità del proprio ruolo si concilino con un comportamento così da piazza?

Sono sempre più convinta che se le cose vanno male in Italia e altrove è proprio perché spesso non ci sono competenze adeguate al governo di un paese e soprattutto perché non c’è quello spessore culturale e morale necessario a svolgere bene il proprio compito, qualsiasi esso sia.

Accade così che si fanno avanti uomini che vogliono fare politica, non politici. E questo è il risultato!

Agata Pisana

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