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Postato in data 9 Settembre 2016 Da In Società

DEMOCRAZIA, SICUREZZA, LIBERTÀ E… DINTORNI

«Oggi come allora gli avversari della democrazia circolano numerosi tra noi, ma stanno anche dentro di noi, nel perenne conflitto, ch’è a un tempo sociale e psichico, tra bisogno di sicurezza e desiderio di libertà; tra l’impulso di ridurre l’angoscia del futuro e del dover scegliere». Questo è il rischio che stiamo correndo.

(Luciano Gallino)

La sicurezza è un tema costantemente vivo nell’agenda della politica, della stampa e dei social. Periodicamente – ed in concomitanza con qualche episodio di violenza che la narrazione mediatica consegna all’attenzione delle comunità – torna a riaccendersi, veicolando allarme e preoccupazione. Quando, poi, il gesto criminale vede protagonisti cittadini immigrati, il dibattito pubblico assume toni e contorni di inquietante xenofobia se non di tragico razzismo.

La diffusa sensazione di insicurezza scatena cioè logiche di esclusione e di rifiuto dell’altro e del diverso, pericolose pulsioni alla “giustizia fai da te”, richieste forti di punizione, quasi come una spinta liberatoria dalla paura ancestrale, dall’angoscia.

Il rischio è allora di accostarsi alla delicata e complessa problematica securitaria con rozze esemplificazioni da cui nascono le contrapposizioni – non di rado vissute con atteggiamenti conflittuali ed insofferenti delle ragioni degli altri – tra permissivismo e rigore, tolleranza e rifiuto, buonismo e giustizialismo, stigmatizzazione e comprensione, inclusione ed esclusione, etc.

La vicenda del presunto sequestro di una bambina ad opera di un indiano a Scoglitti ne è la inequivoca conferma.

Tralasciando ogni commento sull’episodio e ritornando alle considerazioni di carattere generale, mi sembra doveroso sottolineare come l’approccio più appropriato sembra, pertanto, essere quello di utilizzare tre ambiti concettuali: complessità, coralità, consapevolezza. Queste, nel loro reale divenire, si intersecano e si influenzano vicendevolmente, arricchendosi e modificandosi di continuo.

V’è tuttavia tra le dimensioni enucleate una – la CONSAPEVOLEZZA – che potremmo definire come elemento precipitatore degli altri due componenti della complessa alchimia del sociale.

Passiamo, allora, ad esaminare le altre due dimensioni prima indicate:

COMPLESSITÁ

La sicurezza nel vissuto quotidiano della comunità intercetta aspetti della vita e correlati bisogni che evocano non solo l’esigenza di controllare i reati, di prevenirli e di reprimerli (persequendi atque removendi malum) in conformità alle regole scritte, ma anche una dimensione diversa, più compiuta, che si esprime come bisogno di una alta qualità della vita finalizzata a promuovere un migliore equilibrio nella fruizione della città (promovendi salutem).

In altri termini, l’esigenza di sicurezza oggi include i più variegati versanti della vita che si svolge sul territorio: dalle buone relazioni con il vicino, alla rassicurante interazione con le istituzioni, all’agevole accesso ai servizi sociali, dal soddisfacente utilizzo degli spazi pubblici (dalla strada ai marciapiedi, ai giardini pubblici, ecc) al libero uso di quelli privati (esercizio pieno del diritto di proprietà, ecc), fino a penetrare il vissuto emotivo delle persone.

C’è nella società moderna, scrive Zygmunt Bauman, “una inedita fluidità, della fragilità, della intrinseca transitorietà che caratterizza tutti i tipi di legami sociali, che fino a poche decine di anni fa si coagulavano in una duratura, affidabile cornice entro la quale era possibile tessere con sicurezza una rete di interazioni umane”.

Deriva da questo deficit relazionale lo sgomento, lo spaesamento degli abitanti del moderno villaggio.

La paura di subire un crimine, allora, non è l’unico fantasma che agita i sonni dei cittadini, soprattutto di quelli che vivono negli agglomerati urbani, nelle città.

La città, con le sue contraddizioni e con la sua complessità, è la dimensione fisica e geografica in cui il consorzio umano vive le sue dinamiche relazionali, affettive, economiche, culturali, etc.; la città che ha decretato l’elogio dell’egoismo, il primato del calcolo e dell’efficienza, la prevalenza dell’avere sull’essere; la società obesa, come la riferisce il prof. De Rita, ovvero liquido-moderna, come l’ha tratteggiata – lo abbiamo appena detto – Bauman.

Sulla multifattorialità che è alla base del logoramento del sentimento di sicurezza (insicurezza sociale ed insicurezza civile) di larghe fasce della popolazione scrive così Ilvo Diamanti: “Altri fattori ben noti concorrono ad alimentare la paura dei cittadini: La società è insicura perché l’ambiente in cui vive è insicuro, perché i legami sociali si sono indeboliti, perché le città sono diventate invivibili e spesso meno vissute, perché il territorio si è degradato. Non è un caso che le categorie più esposte siano gli anziani – i più soli. Ma anche i giovanissimi, che crescono in ambienti sempre più anomici e violenti (quartieri periferici, il mondo della notte, le stesse scuole ed io nell’elenco includo anche le famiglie, proprio quelle che dovevano essere i gusci protettivi, le così dette aree calde). La società è insicura perché le persone (la sequenza delle categorie a rischio comprende le donne sempre più esposte alla violenza metropolitana, intrafamiliare) si sentono vulnerabili ed isolate, in un mondo senza confini che moltiplica tensioni e minacce. La società è insicura perché i media amplificano i fatti di violenza quotidiana. Per ragioni di spettacolo oltreché di informazione. La società è insicura perché la politica invece di offrire certezze moltiplica le insicurezze”.

È la città che Umberto Galimberti così descrive: “Quando il denaro (e credo si possa aggiungere, il potere, il soddisfacimento del proprio bisogno/piacere) diventa l’unico vincolo di convivenza di quegli agglomerati di varia umanità che, senza più usi, costumi e tradizioni comuni, continuiamo a chiamare città solo per pigrizia mentale, allora è prevedibile che l’azione criminale, violenta, prevaricante… se non gesto quotidiano rischiano di diventare gesto frequente”.

CORALITÁ.

Conferentemente con l’assunto che precede, se concordiamo che la sicurezza è un valore che permea l’intera società, condiviso e sentito da tutti i cittadini, se ne concepiamo la sua riferibilità a diverse materie – perché la sicurezza, come abbiamo detto, è quella ambientale, quella connessa all’ordine pubblico, all’impatto dell’immigrazione, al decoro della città e dell’ordinato vivere civile, etc. – ne deriva che produrre sicurezza nelle sue variegate declinazioni e sfumature  chiama i diversi attori/protagonisti (poteri centrali e locali, soggetti pubblici e privati)  ad una  integrazione strutturata.

In questa chiave di lettura, un ruolo particolare assumono la P.A. ed il cittadino.

Mi preme qui soffermarmi sulla Pubblica Amministrazione come implementazione lessicale e concettuale della Polizia che, nelle sue molteplici articolazioni (locale e statuale, pubblica e privata), è chiamata a dispiegare sul territorio l’opera di rassicurazione e tutela ed a produrre sicurezza.

Richiamando le due dimensioni della complessità e della coralità complessa, la visione moderna dell’agire pubblico non può che essere di tipo olistico ed, in quanto tale, evoca il co-protagonismo del Cittadino.

E qui non possiamo negarci che le evoluzioni o involuzioni delle nostre società ed i progressivi miglioramenti delle condizioni di vita hanno portato ad avere persone sempre più esigenti rispetto ai propri diritti e sempre meno strutturate rispetto alla necessità di ottemperare a qualche dovere (cosi tratteggia l’atteggiamento comune del cittadino moderno Francesco Carrer nel suo libro “La polizia nel terzo millennio” Editore Franco Angeli).

Al contrario, come si legge nel parere del Comitato delle Regioni sul tema “Criminalità e Sicurezza delle città” alla voce I doveri dei cittadini: “Non è soltanto il comportamento criminale a creare un clima di insicurezza, ma anche i comportamenti scorretti possono contribuire in larga misura a determinare questa sensazione. L’indebolimento del controllo sociale favorisce l’accentuarsi di questi comportamenti”.

Se da un lato la popolazione ha diritto alla sicurezza, non bisogna d’altro canto dimenticare i suoi doveri nel contribuire ad ottenerla. Gli abitanti devono essere informati dei propri doveri di cittadini nella promozione della solidarietà e della sicurezza della comunità in cui vivono. Per rendere più umano l’ambiente urbano occorre prendere provvedimenti volti a impedire l’emarginazione dei giovani, la discriminazione sociale e sul posto di lavoro, la tossicodipendenza e il ricorso alla violenza nelle scuole e nella società. La popolazione stessa non deve più disinteressarsi del problema della criminalità o delle violazioni dell’ordine pubblico, ma contribuire alla soluzione dei problemi nell’ambito delle possibilità

Il cittadino è allora chiamato ad assumere come orizzonte di senso del suo stare in comunità, la dimensione etica, la etica della responsabilità

Da qui il vero significato della cultura della legalità e della sicurezza, di cui tanto si dibatte e che viene da più parti invocata come svolta decisiva per la edificazione di una società in condizione di garantire la pacifica convivenza, la sicurezza, la giustizia e le variegate forme di libertà.

Recuperare, cioè, il senso autentico della cittadinanza, acquisire la consapevolezza e la coscienza (per primo e più ancora di tutti gli altri lo deve fare l’operatore pubblico) che occorre pensare al plurale, che la libertà di ciascuno inizia dove comincia quella dell’altro.

La sicurezza o è partecipata o non è.

                PROPOSTE CONCRETE PER LA SICUREZZA DELLA CITTÁ

  • Affrontare la questione della sicurezza in città in una chiave di sistema integrato e partecipato, che – attraverso l’istituzione di un tavolo permanente/osservatorioliberi le sinergie di tutti gli attori coinvolti, coniugando l’insieme dell’azione pubblica con quella svolta dai cittadini organizzati, le associazioni, le forze sociali ed economiche presenti sul territorio, fino ad arrivare al gesto del singolo cittadino, quale esercizio maturo e consapevole della cittadinanza attiva e responsabile.
  • Dare alle politiche della sicurezza la giusta  priorità (e le necessarie risorse finanziarie, mediante gli appostamenti in bilancio e l’accesso ad finanziamenti statali/europei), valutando opportunità/necessita di stipulare, rinnovare, implementare, (dare piena attuazione a quelli già stipulati) patti/intese di legalità con Agenzie pubbliche, statuali e/o regionali (Ministero Interno, Prefetture, Questure Assessorati, Camera Commercio, ecc) e del privato sociale (associazioni delle categorie economiche e produttive, ecc).
  • Progettare un piano di promozione della cultura della sicurezza, della legalità e della prevenzione: a) programmazione, di concerto con le scuole, di corsi educazione civica, legalità e rispetto della cosa pubblica e corsi di educazione alla salute per un corretto stile di vita (informazioni sugli effetti delle sostanze stupefacenti e di alcool), b) promozione iniziative volte a contrastare i fenomeni di bullismo e i vari fenomeni trasgressivi legati al disagio giovanile.
  • Nel contesto delle politiche sociali prevedere azioni di tutela  delle fasce deboli e di integrazione delle comunità di immigrati: a) rete protezione agli anziani in sinergia tra servizi sociali, poliziotti di quartiere e vigili di quartiere  per facilitarne accesso ai servizi pubblici e proteggerli da azioni delinquenziali (truffe, raggiri, ecc); b) organizzazione di corsi di alfabetizzazione e di mediazione culturale, di concerto con la Consulta degli immigrati e con le associazioni impegnate nel  mondo degli immigrati per promuovere il rispetto delle diverse culture e tradizioni; c) implementazione dei servizi di informazione e aiuto per cittadini immigrati più esposti all’esclusione sociale.
  • Piano di miglioramento dell’ambiente urbano: a) potenziamento dell’illuminazione, per migliorare la percezione di sicurezza nelle zone più buie; b) implementazione ed attivazione del sistema (già programmato ed i parte realizzato) di video sorveglianza per finalità di governo del traffico e prevenzione della criminalità diffusa e degli episodi di inciviltà, vandalismo, danneggiamento del beni pubblici, arredo urbano, ecc; c) progetti specifici di riqualificazione urbana, sia mediante interventi di tipo urbanistico, sia tramite progetti volti a favorire l’aggregazione socio-culturale, la vitalità degli spazi urbani più marginali, lo sviluppo delle attività commerciali, secondo indirizzi e modalità da concertare con le categorie interessate (ad esempio un maggiore equilibrio tra residenzialità e relazionalità – sapiente sintesi tra riposo delle persone e frequentazione locali pubblici di ristorazione ed intrattenimento – nel centro città e nelle borgate, in particolare durante la stagione estiva, e la rivitalizzazione commerciale e sociale  anche al fine di scongiurare il crearsi di pericolosi fenomeni di segregazione residenziale e ghettizzazione); d) ridisegnare/rinnovare piano urbano del traffico e piano urbano di mobilità adeguandolo alle nuove esigenze ed integrandolo con sistemi di mobilità che incentivino il trasporto collettivo (rendere appetibile il servizio pubblico ed altre modalità di quali il car shering, ecc rispetto al trasporto privato; e)  prevedere che i proventi contravvenzionali vengano destinati nei limiti e con le modalità del codice della strada alla manutenzione delle strade ed al potenziamento tecnologico della Polizia Municipale, ecc; nella stessa ottica finalistica del miglioramento della circolazione prevedere che i proventi dell’attività concessoria (parcheggi a pagamento) possano trovare impiego nella costruzione di parcheggi, parcheggi di scambio  ed altre infrastrutture; f) riuso e qualificazione di  aree ed immobili inutilizzati, abbandonati, degradati, ecc e destinarli a luoghi di recupero della marginalità sociale, offerta culturale, aggregazione giovanile, ecc; g) evitare il formarsi di brani di tessuto urbano con destinazione a mera residenzialità,  ma innestare anche nelle aree abitative presidi di servizi, luoghi di socializzazione e relazionalità,  che favoriscano la vigilanza “comunitaria”.
  • Piano di controllo del territorio e di governo della sicurezza: a) intensificare il coordinamento tra le forze ordine e la polizia municipale per favorire un maggiore controllo del territorio (anche tramite i citati sistemi di videosorveglianza ed il coinvolgimento della sicurezza privata, dando esecuzione alle eventuali intese già tra Comuni e Ministero dell’Interno), specie nelle ore, nelle stagioni e nelle aree del tessuto urbano più a rischio, alla stregua delle risultanze del monitoraggio effettuato in sede di tavolo comune/osservatorio istituito, per finalità di prevenzione della criminalità e del vandalismo, di rispetto del codice della strada,  di tutela ambientale ed  urbanistico, di protezione del patrimonio architettonico, di salvaguardia del commercio anche in forma ambulante, contro ogni forma di abuso e illegalità; b) attivare accertamenti tramite la polizia municipale, di concerto con la Questura e la Prefettura, delle attività commerciali e degli esercizi pubblici e di ogni altra intrapresa economica, che possano creare problemi all’ordine pubblico, favorire processi di penetrazione dell’economia criminale, ecc, con l’adozione dei provvedimenti conseguenti: c) prevedere la modifica – ove necessario – dei regolamenti comunali (di igiene e di sanità pubblica, di polizia Municipale, ecc) per adeguarne la loro efficacia applicativa alla realizzazione degli obietti individuati ed armonizzarne il contenuto normativo alle più recenti novelle legislative; d) potenziamento servizi di polizia Municipale, con l’adeguamento delle risorse umane, finanziarie e strumentali compatibilmente con i vincoli normativi e di bilancio.

  Giovanni Scifo

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