Un mattino di ottobre Ludovico partecipava al funerale di un suo amico morto all’improvviso per un infarto.Aveva appreso la notizia di quel decesso come un fulmine a ciel sereno e ne era rimasto molto addolorato, anche perché qualche settimana prima avevano partecipato insieme a una cena fra vecchi amici e si erano molto divertiti parlando dei tempi lontani e ricordando le loro avventure adolescenziali nel periodo in cui frequentavano goliardicamente lo stesso corso universitario.
L’atmosfera cupa del funerale gli stringeva il cuore.
I volti delle persone presenti erano mesti e compunti e da ogni parte provenivano ripetuti singhiozzi. Di certo quella era una grave perdita per tutti.
Mentre tratteneva a stento le lacrime, Ludovico con un certo malessere pensava che il giorno dopo avrebbe dovuto partecipare in quella stessa chiesa al matrimonio di suo nipote.
Considerato il dispiacere provato per l’amico, avrebbe preferito evitarlo proprio l’indomani della sua dipartita. Ma, dato il legame di parentela e l’affetto sincero verso il suo unico nipote, non poteva mancare proprio in un giorno così importante per lui senza una grave ragione.
Così, anche se a malincuore, con il peso del ricordo recente della scomparsa dell’amico, sotto un cielo grigio, con un vento sferzante e una pioggia fastidiosa, il giorno dopo si presentò alla cerimonia.
Lì, con enorme sorpresa, ritrovò gran parte delle persone che il giorno prima aveva notato al funerale.
Rimase molto colpito nel vederle, vestite elegantemente e con i volti felici, muoversi fra gli invitati in quell’atmosfera gioiosa e di festa, conversando e ridendo fra loro, come se il giorno prima non fosse successo niente.
Si stupì di quanto facilmente gli esseri umani fossero capaci di uniformarsi al contesto con tale disinvoltura e di saper indossare una maschera, lieta o triste, giocosa o seria, a seconda della circostanza.
L’uomo rifletteva sul fatto che persino gli individui molto diversi poi diventavano tutti simili in certi contesti comuni, passando dal dolore alla gioia, dalla disperazione all’allegria, dal pianto al riso con sconcertante naturalezza.
È la vita – constatò sospirando.
Ma in quel momento colse con amarezza, come in un lampo, la condizione dissociata in cui l’umanità è costretta a vivere.
Costernato e turbato, uscì fuori dalla chiesa per riprendersi un po’.
Rimase a bocca aperta quando si accorse che anche il tempo era cambiato, perfettamente in armonia con quella variabile e variopinta umanità.
Adesso ci si metteva anche la natura a mostrare con sfacciataggine uno dei suoi mille volti e ad accrescere il senso profondo della sua riflessione.
Non pioveva più. Le nuvole erano scomparse come per incanto, il vento era sparito e un sole beffardo illuminava la piazza.
Angela Di Salvo