Sembrerebbe proprio di no. I segnali più forti? Brexit e Trump. Questi sembrano aver dato il “via libera” ad ogni forma di ribellione contro il sistema attuale ed infatti in ogni paese occidentale i movimenti politici con posizioni estremiste stanno avanzando, proponendo di distruggere quanto esiste oggi. Per costruire cosa? Ancora non si sa.
Questi moti distruttivi sono quasi ovunque, ma sicuramente sono presenti in Francia, in Germania (nonostante la Merkel abbia ottenuto notevoli risultati economici), in Austria ed in Italia, Paesi che tra il prossimo dicembre e il nuovo anno sono di fronte a scadenze elettorali importanti. Chi vincerà non possiamo saperlo, ma da queste elezioni dipenderà il futuro dell’Unione Europea per come la conosciamo oggi.
Ed oggi l’Unione Europea non funziona. O almeno non funziona più. A livello internazionale, infatti, l’economia viene gestita dai giganti – USA, Russia, Cina ed India – e, in questo contesto, non può esserci un posto di rilievo per i piccoli “staterelli” che formano l’UE.
Facendo un confronto, sembra di rivivere le suddivisioni ottocentesche dell’Italia o della Germania, Paesi incapaci di contare davvero in ambito internazionale e causa delle loro divisioni politiche.
Recentemente, è vero, sono stati diversi i provvedimenti europei che hanno fatto storcere il naso a molti, facendo dunque leva proprio su quel sentimento di fuoriuscita dall’Unione.
Infatti, fino a poco tempo fa, l’UE si è mostrata imponente e severa verso i Paesi con più difficoltà economiche, come la Grecia, ma incapace di gestire un trasferimento adeguato dei migranti che arrivano nelle coste mediterranee, preferendo realizzare un accordo con il turco Erdogan, che sta facendo di tutto per eliminare quelle poche libertà democratiche che il Paese era riuscito ad ottenere.
L’UE non ha concretizzato la proposta del Governo italiano di attuare un piano di investimenti in Africa, una sorta di Piano Marshall, per portare ricchezza in quei paesi dilaniati da guerre e lotte civili e dare possibilità a chiunque di continuare a vivere nella propria patria.
Ha perso le proprie radici, l’Europa, che erano nel Mediterraneo, e proprio per questo non ha aiutato veramente quei popoli del Nord Africa che, cinque anni fa, lottavano per scacciare le dittature, preferendo girarsi dall’altra parte, cercando di fronteggiare la crisi economica con l’austerità, fallendo anche qui, per lo più.
Nonostante ci abbia garantito la pace per più di mezzo secolo, in pochi anni si è creato un crescente sentimento di protesta verso l’Europa ed in molti, sempre di più, vogliono mettere nel cassetto la bandiera blu con le sue dodici stelle e rinchiudersi nei propri confini. Magari usando pure del filo spinato. Per sicurezza.
Sarà questo il nostro futuro? Spero davvero di no.
Per evitare tale logoramento interno, l’Europa, sin da subito, dovrebbe fare uno scatto d’orgoglio e porre come principale obiettivo quello di creare una federazione. Magari prima con i sei Paesi fondatori, per poi, in futuro, allargarla agli altri Paesi dell’area Euro.
Ma hanno, gli attuali governanti, questo interesse? Il nostro premier Renzi, negli ultimi mesi, si era espresso a favore di un Ministro economico unico europeo ed il Ministro degli Esteri Gentiloni per la costituzione di un esercito europeo.
È sicuramento un grande sostenitore degli Stati Uniti d’Europa anche Draghi, capo della BCE, che, a partire dal Quantitative easing, cerca, nei limiti del suo incarico, di offrire soluzioni sempre più ampie e condivise per i problemi economici che attanagliano il continente.
Sicuramente è confortante sapere che molti leader italiani siano dunque favorevoli a tale progetto, proprio perché gli Stati Uniti d’Europa sono frutto dell’ingegno di autorevoli personaggi del nostro Paese, da Spinelli a Rossi e, se vogliamo tornare un po’ più indietro, anche a Mazzini.
Ma risulta evidente che senza la presenza di un’opinione pubblica formata sull’argomento, sarà ancora più difficile veder realizzato questo progetto federalista.
Ciò che servirebbe sarebbe infatti un intenso movimento culturale che si muovesse nelle piazze, nei teatri, nelle università per discutere d’Europa e far conoscere gli Stati Uniti d’Europa; un moto costruttivo, un moto “per” e non “contro”.
Abbiamo pertanto bisogno di uomini di cultura che possano ergersi come fari, nei giorni bui in cui viviamo, divenire punti di riferimento ed illuminarci verso un nuovo percorso che potrebbe rendere migliore la nostra storia.
Enrico La Rosa