Una bellissima canzone di Charles Aznavour, “Com’è triste Venezia….” ci riporta con la mente a quegli anni e realisticamente a questi giorni di estrema difficoltà vissuti dalla città lagunare per i gravissimi danni causati dall’alta marea e anche dall’incuria degli amministratori.
E’ proprio triste Venezia dinanzi al disastro ambientale e al rischio patrimonio artistico. Il mare magnum della corruzione e di certa politica interessa tutto il paese da nord a sud e nello specifico Venezia con lo scandalo plurimiliardario del Mose, opera incompiuta iniziata nel lontano 2003 che avrebbe dovuto proteggere la città dall’alta marea e che ha salvaguardato solamente gli interessi economici di politici senza scrupoli, ai quali la magistratura nel corso degli anni ha inflitto diverse condanne penali e pecuniarie.
Ora tutti i nodi vengono al pettine in quanto sono stati fatti devastanti interventi ai canali e da decenni non vengono investite risorse per la manutenzione delle fondamenta e pulizia dei fondali lagunari, così Venezia, le isole e Chioggia subiscono danni ulteriori legati anche al passaggio delle grandi navi.
Il Mose rimane comunque il monumento più vistoso degli scandali di questi ultimi quindici anni, ma tutto passa nel dimenticatoio e l’amnesia italica continua imperterrita a proseguire il suo corso, riuscendo a farci impantanare in un terreno sempre più scivoloso.
C’è ora da chiedersi se il Mose è un progetto veramente valido a cui apportare modifiche al sistema galleggiamento oppure rappresenta una di quelle opere faraoniche superate dal tempo e di cui l’Italia è costellata. Il dissesto idrogeologico, che investe tutta Italia e interessa i beni culturali che seguono un pesante trend di rischio alluvione e frane, fa si che rimanga alta la guardia nel paese. Anche interi territori del meridione, la città di Matera, il Salento, Licata e il Siracusano in Sicilia, sono stati interessati da fenomeni meteorologici estremi che hanno provocato ingenti danni, riportando alla ribalta quanto fragili siano le condizioni ambientali legate all’incuria e alla speculazione selvaggia.
I media da giorni hanno acceso i riflettori sul disastro ambientale mettendo in risalto Venezia, patrimonio dell’umanità, e le sue criticità, e iniziando una campagna di raccolta fondi “discriminatoria” a favore della popolazione veneziana, tralasciando altre realtà del mezzogiorno d’Italia anch’esse colpite dalla violenza di fenomeni meteorologici estremi. Allora sarà proprio vero che Cristo si è fermato a Eboli e che il meridione appartiene da sempre a un Dio minore.
Paolo Caruso