Postato in data 19 Maggio 2022 Da In Società

IL SINDACO DI COMISO PRESENTA IL LIBRO “STORIA DEL TRIBUNALE DI GELA 1991-2001”

“Il libro di Calogero Urso intitolato ‘Storia del Tribunale di Gela 1991 – 2001’ è una testimonianza concreta dell’impegno di uomini e donne dello Stato in favore della legalità in un periodo in cui un territorio, quello per l’appunto gelese, ha registrato una preoccupante recrudescenza del fenomeno mafioso. A trent’anni dall’uccisione dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, questo libro giunge provvidamente a ricordarci che la legalità è una pianta che si coltiva quotidianamente e intercetta a pieno il tema di questo incontro”.

Così il sindaco Maria Rita Schembari, ieri sera, ha iniziato a presentare il volume di Calogero Urso, presente al tavolo di presidenza, cancelliere al Tribunale di Gela, costituito nel 1991, nell’ambito dell’incontro sul tema “La legalità deve crescere … Coltiviamola”, promosso dalla Fidapa Comiso col patrocinio del Comune, una interessante occasione di promozione e riflessione sulla cultura delle legalità.

Hanno relazionato sul tema il magistrato Vincenzo Saito, il presidente del Tribunale di Gela Roberto Riggio e il sostituto procuratore della Repubblica Luigi Lo Valvo. Ha introdotto la serata e condotto i lavori la presidente della Fidapa Comiso, Giovanna Meli. Sono intervenuti per gli indirizzi di saluto il deputato regionale Giorgio Assenza e la vice presidente nazionale della Fidapa, Cettina Corallo.

“Il testo dell’amico Urso – ha argomentato Maria Rita Schembari – è autobiografico, agile, asciutto, ha quasi l’andamento del dispaccio militare coi suoi capitoli brevi che sintetizzano atti e fatti della nuova realtà del Palazzo di Giustizia di Gela. I primi nove capitoli introducono la città con gli occhi di chi ha appena ottenuto il trasferimento da Varese a Gela. L’impatto è subito violentissimo non solo sotto l’aspetto del modo di fare e di pensare ma, soprattutto, ambientale. Emerge, inoltre, una forte presenza mafiosa con connotazioni prettamente locali, quasi una variazione genetica della mafia, che vuole monopolizzare il miracolo economico e il benessere che deriva dal Petrolchimico che pure ha rappresentato una cesura dalla povertà.

Nasce la Stidda con un suo codice mafioso originale e violento: Gela è percorsa da fiumi di sangue, si spara facilmente anche nelle strade, gli omicidi si susseguono. S’impone la logica d’avere soldi facili, c’è un’assoluta immoralità, una mancanza di un’educazione ai valori dello star bene, il denaro è una sorta di dio-padrone che guida le azioni criminali. In questo scenario brutale, l’istituzione del tribunale è un importante punto di svolta che Urso bene evidenzia ed è uno tra i nodi narrativi più importanti e significativi del libro. Quando Urso arriva al Tribunale di Gela si rende conto che c’è un lavoro immane da fare per istruire le cause. Di primo impulso, verrebbe da andar via. Tuttavia, rimane perché il dovere lo spinge a fare del suo meglio, a dare il massimo possibile. Inizia così una nuova fase della sua vita professionale e non. Nei capitoli successivi affronta il tema dei collaboratori di giustizia, croce e delizia della verità, che inizia a conoscere dal 1993. È un libro che non offre facili seduzione né balsami che ci possano consolare, ma parla della propria esperienza fino al 2001 quando si trasferisce ad altra sede. Sicuramente, un libro che spinge a conoscere e riflettere”.

In precedenza, la presidente Meli, introducendo l’evento, ha ricordato la genesi della giornata nazionale della legalità e di come la Fidapa riservi particolare rilievo e importanza alla promozione della cultura del rispetto delle regole e delle persone e, in particolare, dei valori di libertà e giustizia a cui conducono le figure dei giudici Falcone e Borsellino. “Il ruolo della famiglia, della scuola, l’esercizio dei diritti di cittadinanza – ha concluso -, sono fondamentali nella crescita di una società improntata alla legalità”.

Il giudice Vincenzo Saito, nel suo intervento, ha posto l’accento sul concetto che “l’effettività della legge dipende dai singoli e che, a volte, ci troviamo a fare i conti con l’illegalità della legalità”. Saito ha evidenziato come spesso “la legalità è vittima di un abuso, di una retorica inaccettabile quando non è accompagnata dalla coerenza dei comportamenti. Il dovere è sempre quello che ci aspettiamo dagli altri e l’acme di questa retorica è la mafia e la lotta contro di essa”. Saito, a proposito dell’illegalità della legalità, ha offerto alcuni spunti di riflessione iniziando dalla vicenda di Stefano Cucchi, il giovane morto dopo un arresto operato dai Carabinieri.

“Dopo annose indagini – ha detto – si sono individuati i colpevoli e sono stati condannati. Tra loro il comandante che, nel frattempo, ha visto proseguire la sua carriera fino al grado di generale e ciò è quel che mi ha lasciato più perplesso. Poi, il processo Borsellino ter, dove le dichiarazioni di Scarantino sono state prese per buone mentre in realtà le sue affermazioni sono state manipolate per arrivare alle condanne. Grazie a un altro collaborante, si è scoperta la verità. Scarantino aveva mentito e le condanne sono state revocate. Ma di una giustizia ingiusta è stato vittima anche Dante Alighieri, condannato ingiustamente due volte nel 1302 per baratteria.

La coscienza offesa di Dante lo porterà a scegliere l’esilio, a non far più ritorno a Firenze e a infondere nella Divina Commedia questa sua sofferenza. In essa evidenzia un suo personalissimo umanesimo, si pensi alla vicenda del Conte Ugolino e alle invettive contro i pisani, ed elabora il concetto della pena proporzionata alla colpa contro una giustizia umiliata e negata dal potere. Il suo messaggio rimane più che mai attuale: la legalità è garanzia di vita e civiltà per ciascuna persona”.

Il presidente Riggio e il sostituto procuratore Lo Valvo si sono soffermati sugli aspetti umani e personali che ruotano attorno a un tribunale e in particolare a quello gelese. Per Riggio, l’istituzione del tribunale a Gela, al quale molto lavorò Falcone, ha rappresentato – ed è ancora – un avamposto della legalità contro la mafia. Per Lo Valvo il libro di Urso merita di essere letto in tutte le scuole perché utile a far conoscere persone e vicende che i giovani, proprio per la loro età non hanno vissuto e spesso sconoscono. “La legalità – ha concluso – va vissuta ed è un vivere di sentimenti e passioni”.

“Ho scritto questo saggio – ha spiegato, infine, l’autore, Calogero Urso – perché il tribunale è un successo dello Stato. La legge è libertà. Ma legalità e libertà sono valori che si possono perdere. Non sono scontati. Occorre, dunque, impegno, coraggio e sacrificio senza pause di attenzione”.

DI REDAZIONE

 

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