A proposito di Gaza, un sospetto sorge
spontaneo, ma davvero Netanyahu e il suo governo non sapevano dell’imminente attacco di Hamas di quel 7 ottobre 2023? Cosa alquanto improbabile, conoscendo la accortezza con cui il governo israeliano difende i suoi confini e come la Striscia di Gaza sia monitorata e costantemente controllata da Israele, con ogni mezzo. Infatti oltre la doppia muraglia, non mancano i militari sorveglianti sulle torri di controllo. Dall’alto palloni forniti di telecamere segnalano ogni minimo sospetto e inoltre le centraline dislocate lungo le mura di recinzione, sensibilissime ad ogni avvicinamento indesiderato, fosse anche di un piccione o qualsiasi volatile, ne fanno una fortezza invalicabile. Pare tra l’altro che, due giorni prima, Al Sisi, il presidente egiziano avesse telefonicamente informato il suo omologo israeliano di un possibile attacco da parte di Hamas. Allora è legittimo chiedersi come mai tanta indolenza e soprattutto tanta indifferenza da parte di Israele, da consentire al nemico numero uno di entrare indisturbato in territorio israeliano per l’ esecrabile eccidio di un migliaio di Ebrei nei kibbutz. L’esercito Israeliano pare sia intervenuto sei ore dopo l’attacco terroristico, laddove la distanza si può coprire in meno di quarantacinque minuti. Legittimo dunque dubitare della buona fede del governo israeliano, se non quella di cercare la provocazione. Benjamin Netanyahu ottenne più di quanto potesse sperare, per la sua bestiale reazione con i sessantamila morti Palestinesi, di cui ventimila bambini innocenti. Reazione spropositata? Sembrerebbe proprio cercata per attuare l’espansione territoriale: ” da mare al fiume”.
Benvenuta comunque la tregua, da ieri annunciata dall’ aspirante premio Nobel Donald Trump, strombazzata dalle cancellerie europee, e amplificata dallo strepitare della Premier Meloni che in questi anni vergognosamente ha sostenuto Israele anche negli armamenti. Una tregua fragile e con molte incognite, ma quanto meno che ha permesso la restituzione degli ostaggi e, nella speranza che si possa dare ai Palestinesi la certezza di “essere un popolo nella sua Terra” e il riconoscimento internazionale dello Stato di Palestina.
Dott. Paolo Caruso.