Postato in data 29 Agosto 2021 Da In Società

GIUSY VERSACE: “LA DISABILITA’ NON E’ UNA DISGRAZIA, ECCO COME LA FEDE MI HA SALVATA”

A pochi giorni dall’inizio delle paralimpiadi di Tokyo, l’intervista all’atleta paralimpica di Rio 2016 Giusy Versace su sport, disabilità e fede.

Hanno preso il via, lo scorso 24 agosto, le Paralimpiadi di Tokyo, la principale kermesse al mondo di gare agonistiche tra atleti con disabilità varie. Come per le Olimpiadi ‘classiche’, anche a Tokyo gareggiano atleti di ogni Nazione in diverse competizioni, dall’atletica al sollevamento pesi, dal fioretto al nuoto.

Gli auguri e il “Grazie” del Papa

Ma a differenza dell’Olimpiadi, gli atleti paralimpici hanno una marcia in più: gareggiano con un handicap fisico. Un ‘valore aggiunto’ riconosciuto anche da Papa Francesco che, al termine dell’udienza generale del 25 agosto, ha salutato gli atleti paralimpici in Giappone dicendo loro: “Invio il mio saluto agli atleti e li ringrazio perché offrono a tutti una testimonianza di speranza e di coraggio“.

Testimonianza di speranza e coraggio, ma anche di resilienza, di buona volontà e – non ultimo – di grande fede. Sono alcune delle caratteristiche che vengono in mente approfondendo la figura di Giusy Versace, nota atleta paralimpica ma anche scrittrice, ballerina, conduttrice televisiva e politica; nonché fondatrice di una onlus, la Disabili No Limits, che già nel nome la rappresenta. Perché Giusy i limiti imposti dalla disabilità – e dai tanti luoghi comuni che i disabili vivono quotidianamente sulla propria pelle – li ha battuti tutti, da campionessa nella vita (come in pista) quale è. Anche grazie a una fede forte, vissuta, concreta; forgiata dalla sofferenza di ritrovarsi, improvvisamente, senza più le gambe.

Una storia importante

Reggina di origine e Milanese di adozione, Giuseppina Versace, detta Giusy, nasce a Reggio Calabria il 20 maggio 1977 e vive nella città dello Stretto fino a quando, all’età di vent’anni, il lavoro e la vita la portano prima a Londra e poi a Milano.

Il 22 agosto del 2005, durante una trasferta di lavoro, Giusy ha un terribile incidente automobilistico sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria, nel quale perde entrambe le gambe. Un evento che rimette tutto in gioco ma che per lei non ha mai avuto il significato di una resa.

Nel 2010 inizia a correre con le protesi in carbonio e diventa la prima atleta italiana della storia a correre con amputazione bilaterale. In 7 anni colleziona ben 11 titoli italiani e segna diversi record nazionali sui 60, 100, 200 e 400 metri. Entra nel gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre e nel 2016 vince le sue prime medaglie internazionali (Campionati Europei: Argento sui 200m e Bronzo sui 400m). Nello stesso anno raggiunge il suo più grande obiettivo e partecipa alle Paralimpiadi di Rio, entrando in finale nella gara dei 200m. [Nel video a inizio pagina, la presentazione dell’atleta fatta dal Comitato Italiano Paralimpico (CIP) poco prima di Rio 2016, ndr].

La Disabili No Limits Onlus

Nel 2011 fonda la Disabili No Limits Onlusun’associazione no profit nata per donare a persone disabili, che vivono condizioni economiche svantaggiate, ausili per attività quotidiane e sportive come sedie a ruote ultraleggere e protesi in fibra di carbonio, ad oggi non previsti dal Sistema Sanitario Nazionale (ASL).

Nel 2013 scrive la sua prima autobiografia “Con la testa e con il cuore si va ovunque“, libro che oltre ad essere diventato un best seller (edizione Oscar Mondadori), nel 2017 ha ispirato il regista Edoardo Sylos Labini che lo ha trasformato in uno spettacolo teatrale in prosa, musica e danza.

Dal 2014 è ambasciatrice della campagna internazionale di promozione dell’integrità sportiva tra i giovani “Save the Dream” insieme ad altri sportivi di fama internazionale tra cui Alex Del Piero.

La vittoria a Ballando con le Stelle

Nello stesso anno vince la 10° edizione di Ballando con le Stelle in onda su Rai 1 e nel 2015 debutta nella conduzione di programmi televisivi: Alive – La forza della Vita su Rete 4 e La Domenica Sportiva su Rai 2 per la stagione 2015-2016. Sempre nel 2015, Giusy interpreta l’Aquila al Carnevale di Venezia, simbolo di forza e coraggio. E’ la prima atleta paralimpica a farlo.

Nel 2017 la Versace è protagonista anche a teatro al fianco del ballerino Raimondo Todaro e del musicista e cantante Daniele Stefani portando in scena uno spettacolo di prosa, musica e danza tratto dalla sua autobiografia.

La scesa in politica

Nel gennaio 2018 annuncia la propria candidatura nelle liste di Forza Italia per le elezioni politiche del 4 marzo. Viene eletta alla Camera dei Deputati nel collegio uninominale di Varese e le viene assegnata la commissione Affari Sociali di Montecitorio. E’ inoltre membro della Commissione Bicamerale per l’Infanzia e l’Adolescenza e viene nominata capo del dipartimento nazionale Pari Opportunità e Disabilità del Gruppo.

ll 5 settembre pubblica, invece, il suo primo libro illustrato per ragazzi “WonderGiusy” (edito da Mondadori), che racconta le avventure della supereroina dotata del potere del sorriso e di un paio di gambe alate sempre pronta ad aiutare il prossimo e a salvare chi si trova in difficoltà. Nello stesso anno, a Giusy viene conferito anche il titolo di “Ambasciatore per la Calabria 2018“.

Nel 2019 ha ricevuto, assieme al presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, il premio “Fair Play della politica” assegnatole “quale rappresentante del Parlamento che si è saputa distinguere dentro e fuori le sedi istituzionali, assumendo la responsabilità delle sue azioni e del suo comportamento in modo etico e rispettoso degli avversari” e a settembre dello stesso anno, in occasione della 76° Mostra del Cinema di Venezia, presenta assieme a Jo Squillo e Francesca Carollo il docufilm “Donne in Prigione”.

Il 29 maggio 2021 viene nominata nuovo responsabile del dipartimento Sport, Disabilità e Pari Opportunità di Forza Italia.

L’intervista a Giusy Versace

Sono appena iniziate le paralimpiadi di Tokyo. Lei ha partecipato alle paralimpiadi di Rio 2016. Quali emozioni e cosa le ha portato quell’esperienza?
“Ho partecipato a due paralimpiadi, anche se in modalità diversa l’una dall’altra. La prima, quella di Londra 2012, ho partecipato come commentatrice, nonostante avessi conquistato in pista i tempi minimi sui 100m e sui 200m. Non mi sono fermata e ho conquistato la Paralimpiade di Rio 2016 entrando in finale nella gara dei 200m. Nonostante avessi già vinto medaglie importanti nell’atletica – tra cui l’Argento sui 200m e il Bronzo sui 400m ai Campionati Europei – partecipare all’Olimpiade è un’emozione grandissima, è quasi difficile raccontarla. E’ un sogno che si realizza dopo tanta fatica e tanto impegno. Mi hanno commosso, guardando gli atleti paralimpici che stanno partecipando a Tokyo, le parole dell’atleta Carlotta Gilli, medaglia d’oro nei 100 metri farfalla, quando ha detto: ‘Sono venuta a Tokyo solo per ritirare questa medaglia. Il lavoro per vincerla l’ho fatto in anni di allenamenti’. In effetti, funziona esattamente così: per arrivare a una Olimpiade, si impiegano anni di duro e costante allenamento. Se riesci a rimanere concentrato nonostante l’emozione, alla gara vai a ‘ritirare’ la medaglia, che ti sei sudata negli anni precedenti. L’olimpiade è il compimento di un lungo percorso, spesso ‘invisibile’ alla massa, che ogni atleta deve compiere per poter vivere quel sogno, che anche io ho avuto la possibilità di vivere”.

Rimanendo sul tema olimpiade, qual è l’importanza di una grande rappresentazione pubblica degli sport paralimpici per la società?
“E’ molto importante trasmettere le paralimpiadi – come sta facendo la Rai in questi giorni – così come è altrettanto importante per i telespettatori seguirle con attenzione, approfondendo al storia di ogni singolo atleta. Perché ogni atleta paralimpico ha una storia importante dietro! Una storia di fatica, di dolore, ma anche di resilienza e di riscatto. La Paralimpiade ha questo grande potere: quello di mostrare alla società i suoi protagonisti non solo come persone disabili, ma come dei veri atleti, alla pari di tutti gli altri. Lo sport ha il grande merito, tra i tanti, di creare inclusione. E’ in grado di portare speranza lì dove c’era solo disperazione. Non solo fa bene al fisico e alla mente di chi lo pratica; non solo aiuta a superare i propri limiti (qualunque essi siano) e ad avere maggior autostima in se stessi; ma è anche in grado in modo sorprendente di unire le persone anche se lontane e diverse per cultura, età, religione, Nazione e condizione fisica”.

DI REDAZIONE

(FONTE – INTERRIS)     MILENA CASTIGLI

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