Mancano appena 72 ore dalla competizione elettorale del 8 e 9 giugno che vedrà i cittadini europei dei 27 Paesi membri recarsi alle urne per eleggere il nuovo Parlamento, proprio in un momento di grande difficoltà economica, con una economia di guerra in fase di recessione. Ci sono voluti più di 70 anni per gettare le basi per una integrazione europea che, a prescindere dalla bandiera, dall’inno, e dalla moneta unica, sembra ancora lontana dalla sua realizzazione politica. L’orizzonte è sempre più cupo, dove mare e cielo si intrecciano in una unica linea tempestosa tutto appare foriero di guerra. Del resto lo spettacolo della Politica, nonostante il conflitto russo ucraino alle porte, risulta poco edificante, vuoto di contenuti, di programmi seri che possano in certo qual modo aprire l’animo umano alla speranza. I partiti in lizza si dilaniano fino al disprezzo reciproco e le faide nazionali si ripercuotono sugli interessi del vecchio Continente oscurandone sul nascere qualsiasi progettualità. La stessa richiesta di PACE che emerge fortemente dalla volontà popolare e che attraversa da nord a sud, da est a ovest, l’intero continente, esplode miseramente nel silenzio assordante della diplomazia europea. Ognuno vanta più ragione e vanta il meglio di sé. L’Europa non riesce a essere costruttrice di Pace non avendo una politica propria autonoma asservita com’è ai dictat USA Nato. La sua vocazione pacifista ha perso così oggi di credibilità e non rappresenta più il punto di riferimento e di equilibrio dei vari scacchieri di guerra, soprattutto di quelli che la riguardano più da vicino. Gli sbandamenti verso estremismi nazionalistici, alimentati dagli Orban, Salvini, Le Pen, allarmano l’elettorato, mentre altri dal generale Vannacci che evoca la “Decima Mass” alle alleanze della stessa Meloni destano non poche perplessità. I nazionalismi e i populismi alimentati dalla Destra estrema che attraversano il vecchio Continente rendono ancora più drammatica la governance del Consiglio europeo con il rischio fondato di un eventuale governo autoritario a vocazione bellicista. Fa paura questa Europa per i rigurgiti di un passato che sembrava non dovesse più tornare, e che sempre più litigiosa non riesce ad esprimere valide leaderships. Quali le sorti che si preparano in un prossmo futuro al nostro Continente? Una Europa che avrà capacità di memoria storica e culturale votata a ritrovare la sua vocazione sociale nella lotta alle diseguaglianze e alla povertà, espressione di solidarietà e di impegno civile, oppure una Europa votata al suicidio politico culturale? Venti impetuosi soffiano in Italia e anche negli altri Paesi di chi vuole la deflagrazione della Unione Europea. La kermesse elettorale si profila sottotraccia anche in Italia dove la politica nostrana stenta a decollare in funzione europeista e resta fortemente ancorata ai “cortili di Palazzo”. Così l’Europa solidale, espressione dei valori di libertà, con le prossime consultazioni, nell’indifferenza dei suoi cittadini e nella dabbenaggine di parte degli esponenti politici nazionali rischia di ritornare alla cultura dell’Austerity e del Conservatorismo più reazionario.
Dott. Paolo Caruso