Postato in data 1 Agosto 2019 Da In Spettacoli

LE QUATTRO AMICHE di Paola Stella

Giulia, Olga, Emma e Marta erano quattro amiche di una certa età, ritenute abbastanza in là con gli anni da alcuni, e ancora giovani e affascinanti da altri.
Anche l’età è una cosa relativa… dipende dai punti di vista…
Erano tutte e quattro diverse non solo nell’aspetto: Giulia bionda, Olga bruna, Emma castana e Marta dai capelli color miele; ma anche nella personalità: una schiva e riservata, una chic ed esuberante, un’altra schietta e diretta, e infine l’ultima, mite e riflessiva. Tuttavia, avevano qualcosa che le accomunava, per esempio la risata complice, che rendeva subito riconoscibile il loro particolare legame.
Si conoscevano da ragazzine, e avevano imparato a capirsi anche senza parlare. Per motivi diversi, ad un tratto della loro vita, le loro strade si erano incrociate, su per giù nello stesso periodo. A quel punto avrebbero potuto decidere di non dare seguito a quelle conoscenze, come del resto si fa la maggior parte delle volte, infatti non si diventa amici con tutte le persone che capita d’incontrare. Loro scelsero invece di diventare amiche e di condividere molte esperienze, dapprima giovanili, poi di madri, infine di donne mature.
Quando si trovavano in un negozio incantavano le commesse per il loro grazioso modo di fare e se una sceglieva un abito per acquistarlo, doveva piacere anche alle altre. La discussione che ne scaturiva quando non erano concordi, visto che i gusti non erano proprio coincidenti, diventava filosofica e finiva con l’affondare le radici nelle loro più intime essenze, suscitando la simpatia e l’ammirazione della commessa di turno, che si complimentava per questa amicizia sincera e consolidata che emergeva da tutte e quattro…

Ognuna di loro coltivava delle passioni: Olga, quella bruna e chic, oltre a svolgere con competenza il suo lavoro in un ufficio prestigioso, era una bravissima cuoca, ma non di quelle che eseguono fedelmente e asetticamente una ricetta. Lei creava dei sapori con una sapienza antica e inimitabile. Giulia, quella bionda e schiva, era una maga delle piante, del ricamo, dei liquori fatti in casa, e adorava gli animali. Inoltre, le piaceva collezionare vari generi di oggetti. Strepitosa la sua collezione di bolle di vetro con la neve, provenienti da tante città del mondo. Marta, quella mite e riflessiva dai capelli color del miele, era appassionata di musica classica, di letteratura (recitava a memoria passi della Divina Commedia o poesie di Leopardi…), e aveva le mani d’oro, non c’era cosa che non sapesse fare, sciarpe, vestiti, anatre all’arancia…

Infine, Emma, quella castana e schietta, coltivava la passione per il jazz, per i giochi enigmistici, e collezionava conchiglie, fossili, minerali… Era, fra le quattro, l’esperta del gelo di limone.
Ma, una cosa che certamente le rendeva affini era la lettura. Tutt’e quattro leggevano voracemente, e si passavano continuamente libri. Amavano la lettura, ma avevano gusti diversi. Ad esempio, un libro che aveva letteralmente fatto impazzire Emma, aveva lasciato indifferenti le altre, e viceversa. In questi casi si accendeva un dibattito molto animato che, comunque, lasciava inalterate le opinioni personali di partenza. Si badi bene che siamo di fronte a quattro personalità forti e determinate.
Non s’incontravano spesso, a volte poteva passare anche qualche mese, ma, davanti ad un thè e a qualche biscottino, si ricreava subito un clima bellissimo, a volte di leggerezza e di risate, altre volte più greve e intimo quando si affrontavano i problemi personali, vuoi di salute… vuoi economici… o di cuore… Non c’è nulla di cui meravigliarsi, forse non ci si può innamorare ad una certa età?

Marta

Marta aveva le caratteristiche di una formichina: previdente, si metteva sempre al sicuro da imprevisti, quali calamità naturali, malattie o altro. Tutti eventi che avrebbero potuto impedire l’acquisto di generi alimentari. Infatti, la sua dispensa era sempre ben rifornita di viveri e pronta ad accogliere eventuali ospiti che fossero arrivati all’improvviso. Quando invitava le amiche a cena o a pranzo, preparava pietanze con e senza formaggio, con e senza cipolla, insomma, teneva conto di tutti i gusti. Nella sua famiglia, tutti avevano set completi di giubbini, dai più leggeri ai più pesanti. Non parliamo poi degli zainetti… A casa di Marta si trovavano gli oggetti più curiosi e divertenti, come utensili particolari, insalatiere di tutte le misure e di tutte le forme, coltelli da cucina di tutti i tipi, teiere fra le più caratteristiche, vari tipi di enciclopedie, dischi di musica di tutti i generi, con predilezione per quelli di musica classica. Capitava, non di rado, che mentre le altre amiche si trovavano lì a casa sua, ad un tratto, tirasse fuori una novità, come una paletta da torta a forma di animale, e tutte rimanevano stupite. Nella sua grande terrazza c’erano centinaia di piante, dalle erbe officinali agli alberelli da frutto a quelle ornamentali. Sempre generosa e disponibile con i compagnetti dei suoi figli, con i vicini di casa, con gli amici e i parenti.

Tutti i giorni era di corsa e trafelata per andare dietro a tutto e a tutti. Inizialmente avrebbe preferito non avere figli, poi ne ha avuti due ed è stata una mamma straordinaria.
Era una chioccia anche per le altre tre amiche, che trovavano in lei conforto e ascolto. Emma, invece, era l’opposto di Marta, sempre con il frigo vuoto, amava vivere alla giornata, improvvisava… E ancora, Marta era pudica, non usava dire parolacce, Emma, non che fosse volgare ma soleva colorire le sue frasi con dei termini, diciamo…un po’ forti. Una cosa che infastidiva Marta erano i discorsi di cuore e quelli che riguardavano la sfera sessuale in genere, le romanticherie e sdolcinatezze varie. Emma, pur sapendolo, raccontava lo stesso le sue storie amorose, più o meno importanti, condendole con una buona dose d’ironia. Sempre Emma era un tipo difficile e indipendente, e dopo la fine del suo matrimonio, le era capitato di incontrare qualche uomo, che, per un motivo o per un altro, avevano finito con il deluderla. Ciononostante non perdeva la sua verve. La sua vivacità era incontenibile e sgorgava senza malizia alcuna nelle conversazioni con le altre amiche. In questi casi Marta si limitava all’ascolto, mentre Olga e Giulia partecipavano attivamente con commenti di compiacimento o di dissenso.
Emma

Per tre quarti della sua vita, Emma si era dedicata ad assolvere ai DOVERI (così le avevano insegnato), prima da figlia, ubbidiente e studiosa, poi da moglie perfettina (!), infine da madre, responsabile e protettiva (forse troppo!). Era dinamica e concreta, ma anche irascibile e permalosa. Con l’avanzare dell’età, con l’accumularsi degli strascichi lasciati dalle “intemperie della vita” e con l’aumentare del tempo libero (senza più marito né figli), a poco a poco, era cambiata. Non che non fosse più ligia al dovere, ma aveva spostato l’asse delle sue priorità. Dedicava più tempo alle cose che le piacevano di più, come leggere a qualunque ora del giorno, andare al cinema o al teatro, curare le piante, ascoltare musica, seguire la politica, visitare mostre di pittura. Amava molto viaggiare, anche se purtroppo, per vari malanni, non poteva più farlo spesso. Ma le piaceva molto anche starsene senza far nulla. Per meglio dire, non era proprio senza far nulla: lei pensava, meditava (aveva anche fatto un corso di meditazione), rifletteva, ordinava idee, incasellava ricordi. La sua natura era diventata prevalentemente contemplativa. Aveva preso la cattiva abitudine di procrastinare il momento della spesa fino a far fuori totalmente le riserve alimentari, sia fresche che a lunga conservazione. Così come rimandava la sistemazione delle carte di lavoro nel suo studio, che finivano con l’ammonticchiarsi in maniera esagerata. Quando però si decideva, diventava rigorosamente razionale e pignola.

Non amava stare con tante persone, né spettegolare (era sempre l’ultima a conoscere le novità). Nel suo palazzo aveva rapporti formali di buon vicinato con tutti i condomini, di amicizia e di stima solo con la sua dirimpettaia, ma non di quelli che prevedono il caffè con chiacchiera annessa. Se Emma veniva invitata ad una festa o ad un evento mondano, prima faceva storie per non andare, poi una volta lì, sembrava non aver desiderato altro nella sua vita. Risultava simpatica e attraente per il suo modo di essere diretto e subito si creava attorno a lei una cerchia di persone attente all’argomento di conversazione. Non era bella ma piaceva, era involontariamente seducente. Nelle occasioni di cui sopra, capitava che qualche uomo incominciasse a corteggiarla, seguivano le telefonate… e i messaggi… e le prime passeggiate insieme. Lei, però, era diventata diffidente, amareggiata da esperienze dolorose, insicura sul suo aspetto. Pur tuttavia qualche volta da quei contatti prendeva origine una storia, anche lunga alcuni anni, altre volte il tutto si spegneva sul nascere.

Da giovane era stata combattiva e determinata: quando era convinta di essere dalla parte della ragione si metteva tranquillamente contro la maggioranza e faceva di tutto per dimostrare la giustezza della sua opinione. In tarda età lottava con animosità per ben poche cose. Era diventata più tollerante. Quando incontrava le sue amiche dava il meglio di sé, raccoglieva tutto l’entusiasmo di cui disponeva, evitava, per quanto possibile, argomenti tristi e si godeva quei momenti bellissimi. Generalmente riusciva a trasmettere brio e leggerezza anche alle altre. Olga, ogni volta, al momento dei saluti diceva che era stato bello stare assieme e che avrebbero dovuto vedersi più spesso.

Olga

Amava le cose belle, Olga, d’estate indossava morbidi abiti di lino e vistose collane di pietre dure, di corallo, lapislazzuli. D’inverno, si riparava dal freddo con cappotti di lana di colori improbabili, violetti, gialli. Aveva una vera passione per le scarpe e le borse, non sempre abbinate (questo era un suo vezzo!) di forme particolari. Una vera chiccheria. Era molto bella, discretamente alta, bruna, dalle forme tipicamente mediterranee. Perennemente a dieta, e puntualmente con i sensi di colpa, perché riusciva solo per brevi periodi a non sgarrare. Le piacevano molto le cose gustose, le buone pizze, i gelati e i profiteroles di un certo Caffè, la torta millefoglie di una certa Pasticceria. Aveva il palato così fine che riusciva ad individuare le differenze fra un bar e l’altro ad occhi chiusi. Quando cucinava era un piacere osservarla, muoveva quelle mani con sicurezza, velocità e delicatezza. Era bravissima a preparare qualunque piatto, ma i suoi arancini e le “infriulate” (certe focaccine che faceva sua mamma) erano davvero insuperabili. Emma però la batteva nella preparazione dei geli, al limone, alla cannella, al melone. Di questo se ne era fatta una ragione, e non le chiedeva più come li facesse.

Sempre Olga, era una donna colta, intelligente e raffinata, e anche molto originale e dalla mentalità aperta. Si sentiva soffocare nel piccolo ambiente di provincia e, appena possibile, viaggiava e “respirava, finalmente!”. Le altre tre si accontentavano delle varie attività culturali cittadine, lei le trovava sempre sottotono. Aveva vissuto la sua giovinezza in una famiglia agiata, con genitori che stravedevano per lei, e non si può escludere che l’abbiano viziata. Le sarebbe piaciuto molto mantenere quel tenore di vita per sempre. Ma ha dovuto fare i conti con la realtà e adeguarsi ad un altro livello. Di questo ne soffriva molto. Nonostante tutto (i musi lunghi, i mugugni di lei), suo marito l’adorava, anche per il suo spiccato senso dell’ironia, e faceva di tutto per accontentarla. Avevano una figlia bravissima e studiosa, lontana, però. I due coniugi condividevano le stesse posizioni politiche, destrorse, e l’amore per i fiori.

Andavano insieme per mercatini e vivai e tornavano contenti di poter arricchire ulteriormente di vasetti fioriti, a seconda delle stagioni, un lungo balcone che si affacciava su una strada principale. Quei due avevano una complicità invidiabile fra loro, ed era bellissimo vederli insieme e assistere ai loro siparietti.

Giulia

Delicata, quasi angelica nell’aspetto, Giulia era la più romantica e sensibile del gruppetto di amiche. Sognava di vivere in una isoletta con il faro, a contatto continuo con la natura. Amava gli animali e ne aveva salvati tanti da una morte sicura. Una volta, si trovava nell’auto con Emma, fuori città e in una strada molto trafficata. Ad un tratto intravide un cagnolino dall’aria smarrita sul ciglio della strada e pensò subito che si fosse perso. Si preoccupò moltissimo per lui, tanto da convincere Emma a fermarsi subito (anche se poteva risultare un po’ pericoloso) per acchiapparlo prima che lo investissero. Emma era molto titubante, pensava agli eventuali parassiti che si sarebbero sparsi in macchina, alle difficoltà di rintracciare il padrone, al fatto che non sarebbe stata in grado di accudirlo. Giulia, infatti, aveva già un gatto e un cane a casa sua, e sarebbe stato complicato per lei. Ma, prima di decidere chi delle due avrebbe potuto tenerlo, Giulia scese dalla macchina e fu abilissima nel prenderlo.

Nel giro di una manciata di secondi il cagnolino si trovò al sicuro nella macchina di Emma. Dopo i primi momenti di disagio, anche Emma si convinse ad accarezzarlo, vincendo ogni riluttanza verso quella bestiolina sconosciuta. Per fortuna il cagnolino aveva il microchip e fu facile individuare il suo padrone.
Giulia era così, tanto era delicata nei suoi preziosi ricami, disegni, o altro che venisse fuori dalle sue mani, tanto era capace di trasformarsi in una persona quasi selvatica, per la rapidità e destrezza delle sue azioni in alcune situazioni. Amava indossare abiti alla provenzale con i fiorellini e scarpe senza tacco, e si muoveva leggera e sognante. Anche lei divorava libri, in particolare romanzi recenti, al contrario di Emma, che aveva un debole per la letteratura dell’Ottocento, soprattutto russa. Le piaceva andare al cinema all’aperto in estate, e stare sdraiata al sole come una lucertolina. Era una grande esperta di piante, orchidee, piante grasse, di cui conosceva non solo il nome (si trattava di centinaia di specie con la classificazione binomiale) ma la provenienza e le loro caratteristiche. Ne possedeva tantissime e le curava amorevolmente. Quando era angustiata o arrabbiata per le ingiustizie della vita (alle quali nessuno si può sottrarre, purtroppo!) il suo animo trovava sollievo e un po’ di gioia nella bellezza della natura, per esempio in un fiore spuntato all’improvviso, fuori tempo, nel suo terrazzino.
Animo puro e delicato il suo, ma anche riservato e a volte un po’ criptico.
Ognuna delle quattro amiche rappresentava una ricchezza per le altre, e anche un grande sostegno affettivo. Tuttavia, di tanto in tanto, qualche inevitabile dissapore, generato dalle personalità diverse, veniva fuori. Mai che non si potesse risolvere però.

 

Era d’estate. Le quattro amiche decisero di trascorrere un paio di giorni nella casa di mare di Marta, senza familiari al seguito. Fu un’esperienza unica e intensa. Ci furono momenti esilaranti, momenti di attrito, e momenti di commozione. In quei pochi giorni vennero alla luce tutte le abitudini, le manie, i difetti e le virtù di ciascuna di loro. Olga e Marta insistevano per andare sulla spiaggia al mattino presto, mentre Giulia ed Emma preferivano più tardi, per abbronzarsi. Emma non voleva cucinare e avrebbe pranzato alla svelta con un panino, Olga e Marta invece volevano il primo, il contorno e quant’altro. C’era chi voleva il buio assoluto per addormentarsi e chi voleva che fitrasse la luce dalle persiane. Chi aveva bisogno di leggere fino a notte inoltrata e chi piombava in un sonno profondo immediatamente. Poi, c’era Emma che russava, allora le altre tre, infastidite, la prima notte, prima la svegliarono, non proprio dolcemente, e poi decisero di farla dormire da sola. Da morire dal ridere in piena notte.

La prima sera fu deliziosa, ebbe un sapore di ritorno alla giovinezza. Tutte quante decisero di uscire e d’indossare degli abiti leggeri e svolazzanti, di profumarsi con essenze floreali e d’imbellettarsi. I preparativi furono molto divertenti perché Olga ed Emma fecero di tutto per convincere le altre due a truccarsi, cosa che non facevano mai. Per Marta e Giulia, truccate, fu come essere pronte per recitare una parte a Teatro. Si trasformarono anche nell’atteggiamento, perdendo momentaneamente il candore che le contraddistingueva.

Tutt’e quattro bellissime, per niente volgari, con passo elegante e anche un po’ altero, passeggiavano, attirando lo sguardo dei passanti.

Certamente si sentivano strane, soprattutto Olga e Marta, che non erano abituate a uscire di sera senza i loro mariti, e si stupirono di poter essere ancora molto femminili e ammirate. A tratti, fece capolino un po’di senso di colpa, come se ci fosse qualcosa di peccaminoso nel godersi quel momento di vacanza esclusivamente per sé stesse.

Furono inevitabili i momenti di autoanalisi, nei quali si ripercorsero tratti della propria infanzia e adolescenza, con ricordi più o meno belli. E poi… i rapporti con i genitori… i conflitti con i padri severi, la sete di libertà post-sessantottina, e il desiderio di autodeterminarsi. I primi innamoramenti e le grandi speranze per il futuro… Si parlò di delusioni, di amarezze, di progetti mai conclusi, e anche di uomini. Anche Marta partecipò, confidando un “certo” episodio della sua vita, molto lontano nel tempo, che nessuna delle altre conosceva, stupendole non poco. Quella “ragazza” conservava e sfoderava al momento giusto sempre delle sorprese!

Tutt’e quattro, comunque, avevano qualcosa di bello di cui andare fiere: avevano mantenuto la loro identità nel cammino impervio della loro esistenza (tante donne si abbrutiscono) e non avevano perso il piacere e l’entusiasmo di arricchirsi interiormente. Inoltre, erano riuscite senz’altro a crescere dei bravi figli, seri, responsabili e amati dai loro amici e colleghi di lavoro.

 

Delle quattro amiche, quelle più avventurose erano Giulia ed Emma, quelle separate. Soprattutto d’estate partecipavano ad eventi, quali festival di jazz, festival del cinema del Mediterraneo, e altro, che si tenevano in altre città. Qualche volta si perdevano per strada per colpa di Emma che era nata senza il senso dell’orientamento (ancora non c’erano i navigatori e la segnaletica era lacunosa).

Eppure, Emma si sforzava di stare attenta, cercava di non distrarsi, ma spesso sbagliava incrocio. Quando era da sola si divertiva, le piaceva perdersi, le dava un grande senso di libertà potere sbagliare, e non dover dare conto a nessuno dei propri errori. Era per lei l’occasione di vedere posti nuovi e di vincere la sfida di ritornare a casa sana e salva. Quando era con altri, avvertiva prima, informava della possibilità di non arrivare in tempo a destinazione. Non voleva fare cattiva figura. Più s’impegnava e più sbagliava. Una sera d’estate, con Emma c’era Giulia, dovevano raggiungere una località ad una quarantina o poco più di chilometri di distanza. Le due donne chiacchieravano amabilmente, con il sottofondo musicale di Bruce Springsteen, quando Emma sbagliò strada e finirono in un incrocio di campagna. Era buio tutt’intorno. Giulia, che non era nuova agli errori di Emma e che le altre volte era stata clemente con lei, per la prima volta, la prese male e disse qualche frase pungente del tipo: “meno male che mia sorella non è venuta con noi!” Emma, per sdrammatizzare, la invitò a guardare le stelle. Non essendoci, infatti, nessuna luce nei dintorni, e neanche la Luna, il cielo si poteva osservare benissimo. Era uno spettacolo, le stelle si potevano quasi toccare, tanto sembravano vicine. Si vedevano nettamente Marte e Giove, la Via Lattea, e alcune costellazioni, il Grande Carro con Arturo, il Cigno con Vega. Si avvertiva, inoltre, un buonissimo odore di fieno, e nei campi si intravedevano dei leggeri balenii. Le lucciole. A proposito di “lucciole”, dopo un pochino che erano ferme lì, a riflettere se ritornare indietro o prendere a caso una di quelle stradine, si fermò una macchina con dentro due giovani. Le avevano prese per “lucciole”! Poi, guardandole meglio, si accorsero che si erano sbagliati, vuoi per l’abbigliamento non proprio da lucciole, vuoi per i segni dell’età.

Ci fu una comunicazione indiretta fra i due giovani e le donne, fatta di espressioni facciali molto eloquenti. Giulia, se avesse potuto, si sarebbe sotterrata, Emma, incosciente, trovava il tutto molto divertente. Scena imbarazzante e comica allo stesso tempo. Quando, però, Emma incominciò a parlare per chiedere informazioni dal finestrino, uno dei due giovani sorrise e disse: “Ma lei non è la signora Emma? Non mi riconosce? La sua voce è inconfondibile”. Emma, con quella luce fioca non aveva riconosciuto nessuno. Prese la torcia che era a portata di mano e lo illuminò in viso. Riconobbe i tratti di un bambino, ormai cresciuto, con la barba, che era stato un suo vicino di casa quando ancora abitava con i suoi genitori. L’aveva aiutato tantissime volte a fare i compiti. Furono entrambi gentilissimi, e dopo i vari convenevoli le guidarono fino a destinazione. Lì, le due amiche, si godettero un film tunisino bellissimo, quindi ritornarono a casa senza altri intoppi. Quando anche Marta e Olga vennero a conoscenza di questo contrattempo scoppiarono a ridere come pazze.

 

Era agosto, un caldissimo agosto, con quella calura che induce chiunque, salvo i turisti tedeschi o giapponesi e pochi altri, alla totale inerzia del corpo e della mente, proprio come quella descritta magistralmente da Tomasi Di Lampedusa ne “Il Gattopardo”.
Un pomeriggio, le quattro amiche erano insieme in un bar per tentare di trovare un po’ di refrigerio con una bella granita. Ma, alla pesantezza dell’aria afosa si aggiunse un’altra pesantezza, quella dell’espressione di Marta. Alla domanda se fosse accaduto qualcosa, lei rispose: “care ragazze, vi devo dire una cosa, dopo le mie tante titubanze di questi ultimi giorni, Giorgio ed io, abbiamo deciso di andare in Australia. Dovremmo partire fra venti giorni, ma io non sono per niente convinta”.

Le altre tre subito esclamarono festose, e contemporaneamente incominciarono a fare domande a raffica: “Oh!” “In Australiaaa?” “Davveerooo?” ” Mi portate con voi?!” “Ma è splendido!!!” ” Lì è inverno e c’è un bellissimo fresco!” “Quali scali sono previsti?” “Dove alloggerete?” “Quanti giorni vi fermerete?”…
In un attimo il clima diventò frizzante, brioso, vivace. L’inerzia iniziale dovuta all’afa si trasformò in movimento dei corpi e delle menti. Si misero tutte in punta di sedia, con il corpo proteso in avanti verso Marta, mentre prima erano quasi abbandonate, senza forze, sullo schienale all’indietro, i loro occhi diventarono attenti e brillanti. Quella fu una vera sorpresa, infatti Marta non aveva mai accennato a quella eventualità, e diede una bella scossa al gruppo.

Il fatto era che uno dei figli di Marta lavorava temporaneamente a Sydney, in un prestigioso Istituto di Ricerca e desiderava tanto che i suoi genitori andassero a trovarlo per le loro vacanze estive.
Marta, però, non amava viaggiare in aereo, anche per lunghi percorsi preferiva il treno. In quel caso non avrebbe avuto scelta, e questo la metteva in agitazione… tutte quelle ore chiusa in aereo…
Dovete sapere che amava aprire le finestre di casa anche in pieno inverno, per lei era fondamentale il continuo ricambio di aria. Già solo a parlare di quel tempo infinito da passare in aereo si sentiva soffocare. E poi… i problemi con il fuso orario…

Le altre invece non si tenevano per l’entusiasmo: chi pensava ai koala, chi ai canguri, chi al bellissimo fresco di fine inverno che avrebbero trovato lì, e ancora ai boomerang, ai paesaggi desertici straordinari, alle costruzioni avveniristiche. Infine, ci fu chi nominò gli aborigeni australiani, come se facessero parte delle cose da vedere, e qualcuna ipotizzò una possibile infatuazione di Marta per uno di loro.

“Resterai in Australia” – disse Giulia – “non tornerai più qui, t’innamorerai perdutamente di un bellissimo indigeno.” Tutte scoppiarono a ridere. Marta era stordita e disarmata da tutto quell’entusiasmo e incominciò a vedere quel viaggio non come un sacrificio o un dovere ma come una esperienza unica. “Ma come?” – pensò – “le mie amiche farebbero carte false per partire, m’invidiano, certo benevolmente, e io faccio storie per il fuso orario?” In definitiva prese coscienza del privilegio, negato a molti, di cui godeva. A tranquillizzarla per ciò che riguardava l’aereo – “vedrai, starai benissimo, questi viaggi intercontinentali sono confortevoli, alla fine ci si annoia di avere paura, puoi portare con te diverse cose per svagarti e finalmente potrai leggere senza essere interrotta da nessuno” – ci pensò Emma, che una volta era stata in Giappone. Olga, Giulia ed Emma aggiunsero che probabilmente non si sarebbe ripetuta facilmente quell’opportunità, perché Flavio, il figliolo, portata a termine quell’esperienza lavorativa di dottorato di ricerca (mancava solo un altro anno) sarebbe rientrato in Italia o in un altro Paese europeo. Inoltre, solo in estate Giorgio, il marito, avrebbe potuto disporre di un congruo numero di giorni a disposizione. Quindi – “o ora o mai più” – in coro! Alla fine, Marta, interiorizzato tutto quell’entusiasmo, si sentì incoraggiata e molto meno confusa di quanto fosse inizialmente, e finalmente incominciò a sorridere, leggera.
Sì, la leggerezza del vivere… Per ognuna delle quattro amiche il conforto reciproco consisteva nell’alleggerire fino all’essenza il peso delle preoccupazioni delle altre.

Da quel giorno iniziarono i preparativi, febbrili, che coinvolsero tutte: chi suggeriva una cosa, chi un’altra. Ovviamente, Olga pensava a qualche abito elegante per una serata al Teatro, Giulia ed Emma all’abbigliamento per eventuali escursioni. Insomma, si completavano magnificamente e, certamente, non sarebbe sfuggito loro nulla!
Qualche giorno prima della partenza si ritrovarono tutte da Marta per darle una mano con le valigie. Fu un divertimento inimmaginabile. Le quattro donne si trasformarono in quattro fantastiche creature mitologiche. Si distribuirono i compiti e stabilirono i criteri da usare per sistemare tutti gli oggetti che erano sparsi ovunque nel soggiorno. Nel giro di quattro ore il lavoro fu quasi concluso, e Marta apparve decisamente serena e grata per il grande conforto psicologico e materiale ricevuto.

 

 

Arrivò l’autunno. Marta era tornata dall’Australia. Il viaggio era andato benissimo, ricco di esperienze, con qualche imprevisto che aveva reso ancora più avventuroso il tutto. Poi ritornò la vita di sempre, o quasi.

Accadde, infatti, per uno strano caso del destino, che Emma incontrasse un uomo al Cineclub. Quella volta era andata da sola, le sue amiche erano impegnate e raramente perdeva quegli incontri settimanali. A lei piaceva moltissimo non solo vedere i film ma discuterne subito dopo con qualcuno. Quella sera si trovò seduta accanto ad un uomo maturo ma abbastanza giovanile, che non aveva mai incontrato prima. Siccome c’era qualche scena comica si ritrovarono a ridere insieme e a guardarsi. Si sa che una risata fa entrare subito in sintonia anche persone sconosciute. Così, fecero conoscenza nella penombra della sala, e poi continuarono al momento del piccolo rinfresco consueto dopo il film. Si piacquero subito, discussero a lungo del film passeggiando lietamente in un viale fino a tarda sera, avvolti da una deliziosa atmosfera ottobrina. Incominciarono a frequentarsi a distanza, Leonardo, così si chiamava, lavorava infatti a Berlino. Quella volta era tornato nella sua città di origine per assistere al funerale di un vecchio parente, di cui lui era l’unico erede, e un suo amico d’infanzia, che era socio del Cineclub, l’aveva convinto ad andare con lui al cinema. Insomma, per farla breve, dopo alcuni mesi Emma si sentiva davvero innamorata, e decise di mettersi in aspettativa dal suo lavoro, e di trasferirsi a Berlino.

Fu una decisione sofferta, ne discusse a lungo con le sue amiche, che non erano d’accordo per varie ragioni. La più importante era la preoccupazione che Emma potesse soffrire…

Dovete sapere che ognuna delle quattro amiche, pur avendo ancora una vita interiore molto ricca, chi per un verso chi per un altro, aveva qualche motivo d’insoddisfazione, cosa normale, del resto. Si sa che il mal di vivere è insito anche nelle creature più gioiose.

Emma, incominciava ad avvertire l’ombra di questo mal di vivere e voleva assolutamente combatterlo. Dentro di sé sentiva tanto entusiasmo, diceva di avere ancora delle cartucce da sparare, non si era rassegnata al pensiero di non poter provare più l’ebbrezza di un amore bello e sincero. Le sarebbe piaciuto rivivere la leggerezza e l’entusiasmo di un amore adolescenziale con l’esperienza e la maturità dei suoi anni, senza essere costretta a progettare il futuro: completare gli studi, trovare un lavoro, sposarsi, costruire una casa, avere figli, ecc. Si sentiva libera da quei doveri.

Olga, invece, si era rassegnata alle sue delusioni e la sua ironia, con il tempo, era diventata sempre più amara. Giulia, d’altro canto, pur rimanendo una sognatrice, si stava chiudendo sempre più in sé stessa. Mentre Marta si lasciava ancora travolgere dalle incombenze familiari e non si chiedeva nemmeno se fosse soddisfatta della sua vita.

Certamente, quando s’incontravano, prevaleva su tutti un sentimento di gioia, tuttavia, negli ultimi tempi, gli incontri si erano un po’ diradati, anche per impegni sopraggiunti, come l’accudimento di genitori anziani, la cura di nipotini appena arrivati e malanni di salute vari.

Quando Emma confidò loro il suo amore nascente per quell’uomo di Berlino, l’entusiasmo di cambiare vita, città, abitudini, correndo anche il rischio di sbagliare, si accese una lunga discussione e volarono frasi come queste: “Ma sei pazza? Alla tua età?” “Ma se lo conosci appena!” “E se poi non è quel che credi?” “Lo sai che a Berlino sarai sola?” Non conosci il tedesco, come farai a comunicare?” “Non ti fidare, gli uomini sono tutti uguali” “Lui andrà a lavorare e tu cosa farai tutto il giorno?” “Non prendere decisioni drastiche, si tratta di una infatuazione, non è amore” “Ti farai mantenere da lui? E la tua dignità?” “Stai attenta, un altro fallimento alla tua età è pesante da sopportare”.

Nessuna delle tre amiche incoraggiò Emma, nessuna la invogliò a vivere la sua vita fino in fondo con pienezza e coraggio. Lei si sentì incompresa, ad un tratto avvertì tutto il peso dei suoi anni e da quel momento ebbe ben poca voglia di rivederle. Così, quell’amicizia incominciò ad affievolirsi. “Del resto, nulla dura in eterno” decretò Emma.

Così, decise di partire per Berlino senza la loro benedizione.

Le quattro amiche di tanto in tanto si sentivano per telefono. A poco a poco svanì il grigiore con cui si erano salutate alla partenza di Emma.

A Berlino visse una seconda giovinezza: socializzò presto con gli amici di Leonardo, imparò un po di tedesco, e si sentì felice di potere vivere in quella città straordinaria, ricca di storia e di testimonianze del passato ma proiettata verso il futuro con edifici modernissimi. Del resto Emma era una donna vivace e curiosa e lì trovò pane per i suoi denti.

L’estate successiva invitò le tre amiche per alcuni giorni a casa sua. Ritrovarono subito l’armonia e l’allegria di sempre, si divertirono a visitare alcuni fra i tanti musei di Berlino, andarono all’Orto botanico, uno fra i più importanti al mondo, e soprattutto Giulia ne fu felice, non credeva ai suoi occhi nell’osservare tanta bellezza. Passeggiarononel suggestivo Viale sotto i tigli, andarono per negozi, per la felicità di Olga, e una sera si presero anche una mezza sbronza con la birra tedesca accompagnata ai crauti, che non poteva mancare.

Naturalmente le tre amiche si resero conto di avere sbagliato quando avevano cercato di dissuadere Emma da quella scelta. A volte si preferisce permanere nello stato in cui ci si trova, anche se non piace, perché cambiare appare rischioso, si ha paura di sbagliare. Emma, invece, amava così tanto la vita che trovò tutto il coraggio che occorreva per affrontare le prime inevitabili difficoltà, e non si pentì mai della sua scelta. L’amore, quando si trova, colora l’esistenza, e la colma di gioia. Lì, a Berlino, Emma visse gli anni più belli e intensi della sua vita.

P.S.

Dicono di lei-

Lorenzo Migliore Paola, non si tratta di essere troppo buoni o adulatori da strapazzo ma di comprendere che il tuo bello scrivere piace ai lettori.

 

 

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