Dall’inizio dell’anno 29 detenuti si sono tolti la vita in carcere con una media di 1 ogni 3 giorni. Una tendenza che, se confermata, assegna al 2024 il titolo di anno nero per le strutture penitenziarie, superando anche il 2022 quando dietro le sbarre si uccisero 84 persone. A illustrare il dato in audizione sul Rapporto sulla situazione carceraria 2023 in commissione Diritti umani al Senato sono stati i volontari di Antigone, l’associazione “per i diritti e le garanzie nel sistema penale” che a breve presenterà il rapporto intitolato “Nodo alla gola” proprio per richiamare l’attenzione su quella che viene definita una “vera e propria emergenza”.
Un dramma ogni 3 giorni
Un suicidio ogni tre giorni -ha sottolineato Sofia Antonelli di Antigone -. Nel 2022, l’anno record, di questi tempi erano stati 20 e ora nel 2024 siamo a 29. Se continuiamo di questo passo rischiamo di superare il record tragico di 84 suicidi del 2022». I volontari hanno poi evidenziato un altro aspetto: «Principalmente a suicidarsi in prigione sono persone con grande marginalità e sofferenza, molti gli stranieri, con tossicodipendenze, patologie psichiatriche.
Molti erano da poco in carcere, molti erano prossimi a lasciarlo».
Mi fanno pensare le ultime due domande! (mio)
Una tragica conta
Nella tragica conta dei primi mesi emerge che a togliersi la vita, da Ancona a Padova, da Poggioreale a Teramo, continuando con Verona, Torino, Vibo Valentia e Cagliari, sono stati parecchi giovani: 6 tra i 20 e i 29 anni; 12 tra i 30 e i 39.
«Di questi 29, il 48% era straniero – ha aggiunto la rappresentante dell’associazione -, 9 soffrivano di problematiche psichiatriche, e avevano già tentato il suicidio: 1 era in attesa di Rems, e invece s’è tolto la vita a Torino il 24 marzo». Due poi erano tossicodipendenti, due erano senza fissa dimora. Tra gli ultimi a farla finita in carcere anche il trentaduenne morto a Cagliari.
Il picco in Lombardia
Le carceri lombarde sono le più affollate d’Italia, si raggiungono tassi del 200%. Una presenza doppia rispetto a quella regolamentare». Numeri che, a sentire il presidente dell’associazione «determinano una grandissima difficoltà degli operatori a personalizzare, individualizzare il loro lavoro. Ma se aumenta il numero dei detenuti rimane stabile quello degli operatori, anzi con i pensionamenti tende a scendere». Senza dimenticare poi la riduzione degli spazi di socialità.
L’istruzione e i minori
«Anche questo produce tensione – ha aggiunto -. A Regina Coeli una parte dedicata alle scuole è diventata dormitorio, e questo va a detrimento dei diritti fondamentali e dell’offerta scolastica che è doverosa. La parte educativa ha un impatto decisivo sulla recidiva, perché è di qualità». C’è poi anche il caso dei minorili dove «non si erano mai superati i 350-400 detenuti. Adesso però siamo a 500».
REDAZIONE
Fonte: Davide Madeddu
Sole240re