Numerose realtà in Italia recuperano alimenti e li donano ai bisognosi.
Quanto cibo sprechiamo? Gli italiani gettano 100 grammi di alimenti ogni giorno, una quota che moltiplicata per 365 fa 36,5 chili gettati ogni anno della spazzatura.
Sono i dati raccolti dal progetto Reduce, coordinato da Luca Falasconi dell’Università di Bologna. Ogni anno, la famiglia media butta 84,9 chilogrammi, dato che a livello nazionale fa salire il conto a 2,2 milioni di tonnellate di cibo. E questo solo nel Belpaese.
Un paradosso se si considera che – a livello globale – si parla di incrementare la produzione alimentare del 60-70% per nutrire una popolazione destinata a crescere sempre di più. E su cui occorre interrogarsi in occasione della seconda edizione della Giornata dei poveri, voluta da Papa Francesco. Cosa fare per risolvere il problema?
Un problema, quello dello spreco del cibo, che si potrebbe risolvere con piccoli accorgimenti quotidiani; consumare prima gli alimenti con una scadenza ravvicinata; posizionare i prodotti nel giusto ripiano del frigorifero per una migliore conservazione; chiedere la family bag o la doggy bag al ristorante; controllare cosa si ha in casa o cosa manca prima di andare al supermercato per la spesa.
Ma lo spreco alimentare non è solo un problema domestico. Compleanni, matrimoni, meeting aziendali, eventi sportivi o culturali. Sono innumerevoli le occasioni in cui grandi quantitativi di cibo rischiano di finire nella pattumiera, ma sono altrettante le opportunità di affidarli a una rete di assistenza per i più bisognosi. Ad Ancona, per esempio ci sono i “Foodbusters” che, come si legge nel loro sito, “hanno deciso di dichiarare guerra allo spreco alimentare”.
Ma da chi è composta la squadra operativa? L’associazione è nata nel 2016 da un’idea di Diego Carloni e della moglie Simona Polella, insieme al loro amico Marcello Santalucia. Il loro raggio di azione spazia dai matrimoni ai meeting aziendali, dai compleanni alle feste di laurea, ma anche addii al celibato…. Gli operatori “acchiappacibo” coordinano la loro azione direttamente con gli sposi, i weeding planner o i gestori del ristorante. Una volta terminata la festa e indossate, mascherine, cuffiette e guanti – per il giusto rispetto delle norme igieniche – si recano nelle cucine dei vari locali e impacchettano il cibo e si preparano a distribuirlo. Valgono però due regole: si ritirano solo pietanze cotte e soltanto dalle cucine, quindi niente avanzi già in tavola lasciati nei piatti.
Manuela Petrini
da “Interris”