Postato in data 25 Luglio 2019 Da In Spettacoli

TILLY, LA 500 ROSSA di Paola Stella

Peppe, quando nacque il primo figlio, Luigetto, nel lontano 1964, decise di accantonare la sua amata Lambretta, che pure era stata abbastanza comoda (aveva il doppio sedile e un piccolo portapacchi dietro) e che l’aveva scorrazzato in lungo e in largo insieme a Rita, sua moglie. Comprò, a rate, una Fiat 500, rosso fiammante e con il portabagagli sul tettuccio. Fu un avvenimento grandioso per quei tempi. Ancora erano pochi quelli che possedevano una macchina. Certamente, Peppe, aveva dovuto fare lezioni di guida per prendere la patente, e poi… quella benedetta doppietta che serviva a scalare le marce, gli era venuta un po’ difficile all’inizio, ma poi ci prese la mano e diventò bravissimo.

La famigliola festeggiò la macchina nuova andando a fare una gita al mare. A Rita non parve vero avere tutto quello spazio dietro per le cosette del bambino, il portavivande in vimini con la pasta al forno, il vino e le arance, un plaid e un ricambio, casomai si fossero bagnati. Anche quando avevano la Lambretta se ne andavano a fare gite, però era un’altra cosa ora che c’era Luigetto. Inoltre, se si guastava il tempo all’improvviso sarebbero stati al riparo, mentre con la Lambretta quanta acqua e vento avevano preso! E la gonna che svolazzava e scopriva le gambe.

Al ritorno dalla gita, Peppe prese i tappetini di gomma per scuoterli dalla sabbia, pulì per bene i sedili, la lucidò, la ammirò nel suo splendore e se ne innamorò. Per custodirla e proteggerla dalle intemperie prese in affitto anche un piccolo garage sotto casa. Era un vero piacere guidarla in quel paese, passava comodamente anche dalle stradine strette strette, per parcheggiare bisognava pochissimo spazio e, da quando andava a scuola con quella macchina, il suo “punteggio” come insegnante era salito: i suoi alunni lo guardavano con altri occhi.
Peppe, quando era solo con la sua Tilly, la chiamò così, parlava con lei, quasi fosse la sua confidente. Gli raccontava le cose che erano avvenute a scuola, oppure che Luigetto non l’aveva fatto dormire la notte, o i piccoli screzi con Rita.

Naturalmente lui non si aspettava risposte da una macchina, però a poco a poco si rese conto che, a modo suo, gli parlava. Per meglio dire, emetteva dei suoni che lui traduceva in parole. All’inizio quasi ne ebbe paura, non poteva nemmeno lontanamente immaginare che un giorno dai cruscotti delle macchine sarebbe venuta fuori una voce parlante, cosa che accade oggi. Così, Peppe parlava e Tilly rispondeva, anche con una certa “saggezza”.
“Quell’incosciente di Tirirò oggi era impreparato di nuovo. Ma ti pare bello? La scuola si sta finendo e lui che fa? Ancora impreparato… Parlerò con suo padre e vedremo il da farsi” diceva Peppe.

“È innamorato Tirirò. Non mi dire che non te ne sei accorto! Lo vedo sempre con una ragazza, mentre ti aspetto, che si abbracciano, si sbaciucchiano. Figurati quanto gliene importa della Storia!” rispose Tilly. “Ma non capisci che così lo dovrò rimandare a settembre? Non sai come detesto rimandare.” “Sì, lo so, tu non vorresti andare a scuola a settembre. Ti conosco, vuoi continuare le vacanze, eh!?” replicò Tilly. E così via con altre conversazioni. Peppe era sempre molto attento e premuroso, la faceva controllare dal meccanico, la teneva pulita e profumata, quasi fosse una figlia femmina. Quando era solo, Peppe si divertiva a correre, le faceva raggiungere velocità estreme per quella cilindrata. A volte però esagerava: una mattina si fissò che doveva sorpassare un camion in salita, accelerava… accelerava… ma non poteva farcela, anche perché il camionista, appena si rese conto che una 500 voleva sorpassarlo, accelerò a sua volta.

Ad un certo punto Tilly si ribellò: “Basta, mi stai facendo fondere. Non te ne accorgi?” Peppe rinunciò. Un’altra volta, Rita chiese al marito di fare un lungo viaggio in auto. Era la prima volta per Tilly, e si sentiva un po’ preoccupata. “Povera me, chissà come mi caricheranno ora! Dovrò anche entrare nel traghetto, con tutte quelle macchine, il treno, e tutto quel fumo di scarico! L’ho già fatto una volta, quando da Torino sono stata caricata in un Tir per le consegne in Sicilia, ma non avevo la responsabilità del viaggio. Ero ferma. E poi… non potrò neanche parlare a voce alta con Peppe, Rita e Luigetto si spaventerebbero. E se incominciano a litigare? E se Luigetto si mette a piangere? Oh…povera me!”

Nel complesso, quel lungo viaggio andò bene, si divertirono tutti, videro posti bellissimi, ma Tilly si stancò per i tanti chilometri percorsi, non era abituata, ed ebbe anche qualche contrattempo: si forò una ruota in autostrada, prese acqua nel motore durante un forte acquazzone, in una città rischiò di essere rubata da un estraneo malandrino, che lei, però, seppe sconfiggere non mettendosi in moto, e quello dovette rinunciare. A parte queste piccole cose, fu orgogliosa di se stessa, contenta di sapersela cavare anche in viaggi lunghi, e non solo in città, come credevano tutti. A poco a poco Peppe la abituò a ritmi più sostenuti e a non sentirsi frustrata rispetto alle altre auto, che venivano costruite sempre più potenti.

Non si risentì neanche quando fecero una nuova 500, più bella, più spaziosa, più potente. Quando Tilly incontrava delle macchine grosse non provava nessuna invidia, perché era felice di avere un padrone come Peppe, che la curava con affetto e attenzione e che si confidava con lei. Tilly, dal canto suo, faceva di tutto per dare grandi soddisfazioni a Peppe, per esempio vincendo premi in certe gare alle quali partecipavano. Prima della gara gli dava qualche dritta: “Peppe, se vuoi vincere mi devi cambiare questo pezzo, così diventerò più forte.” A volte sembrava che decidesse lei come prendere le curve. Altre volte, quando era impossibile vincere, lei si fingeva rotta in modo da non partecipare affatto.

Altre volte, quando la macchina che stavano per superare accelerava, per dispetto la schizzava tutta. Un giorno che Peppe, all’uscita di scuola si presentò con una graziosa collega a cui doveva dare un passaggio, si finse morta, per proteggerlo dalla tentazione, e quella dovette cercare un altro passaggio.
Peppe, col passare del tempo, era diventato un esperto di motori e tante volte svitava una cosa, ne cambiava un’altra. In sostanza, si divertiva con Tilly, come se avesse un giocattolo fra le mani: la smontava, la rimontava. In realtà era Tilly a suggerire gli interventi di manutenzione a Peppe: “Ho un dolorino nella frizione. Si sta finendo l’olio dei freni. Le gomme si sono consumate, me le devi cambiare.”
Passò qualche tempo, intanto Luigetto cresceva, ma si sentiva solo, voleva un fratellino con cui giocare. Arrivò una sorellina, Lia. All’inizio ne fu deluso, ma poi gli piacque.

Rita, con due figli, incominciò a ventilare l’ipotesi di prendere un’auto più grande e più comoda. Poi diventò insistente. Quando sentì il discorso, Tilly ci rimase male, ma non parlò, non voleva che Peppe e Rita litigassero. Alla fine, dopo tante discussioni, Peppe cedette: “Va bene, compreremo un’auto più grande, ma Tilly deve rimanere.” Comprarono una 124, sempre della Fiat, per la quale non ci fu posto nel garage, perché Peppe volle assolutamente che il posto in garage rimanesse a Tilly.

In quel periodo tutte le persone si convinsero di non potere più fare a meno delle auto, e queste aumentarono a dismisura ovunque, mentre le strade “diventarono” strette. Molte donne incominciarono a guidare, e anche Rita volle prendere la patente. Lei ovviamente preferì la macchina nuova, e anche Luigetto.

A Lia piaceva di più Tilly, e poi quando usciva con il suo papà si divertiva di più. Una volta, al ritorno da un’uscita col papà, era tutta eccitata e disse: “Mamma… mamma… il papà ha fatto giro… giro… con Tilly… è stato pauroso… ma mi sono divertita tanto!” Mentre Lia raccontava il fatto, prima si girò su se stessa tante volte, poi fece un movimento rotatorio con le manine. Rita, preoccupata, inveì contro Peppe: “Ecco, sei diventato un pazzo! Ma cosa ti salta in mente di fare con la bambina in macchina, eh?! Le acrobazie?” Peppe ci rimase male, si intristì. Andando avanti con gli anni sua moglie aveva perso il senso dell’avventura, della spensieratezza, del divertimento. Nei primi tempi con la Lambretta ne facevano pazzie… e si divertivano.

Bastava poco per essere felici. Ora era diventata troppo seria, e poi… voleva fare o essere come tutte le altre, che a loro volta imitavano i modelli della televisione di quegli anni. Ad un certo punto, Rita volle trasferirsi in città perché il paese “le stava stretto”. Voleva negozi più belli, strade più larghe, supermercati, scuole migliori per i figli. Così si trasferirono in città, con grande disappunto di Peppe. Lui stava bene al paese, non si era fatto coinvolgere da quel rapido progresso, non era interessato a quell’inutile e crescente consumismo. Non che fosse un passatista, si teneva aggiornato, usava il computer, il cellulare, ma cercò, per quanto possibile, di mantenere le sue abitudini e la sua Tilly. Rita, in città, trovò lavoro come commessa. Ora guadagnavano di più, ma consumavano anche di più. Man mano sostituivano l’auto, vecchia solo di qualche anno, con un nuovo modello sempre più potente e più grande.

Peppe invece non rinunciò mai alla sua Tilly.
Ora che va per gli ottanta, non gli importa proprio nulla se i suoi ex alunni lo prendono in giro per quell’auto minuscola quando lo incontrano. Sì, perché Peppe continua a girare in città con la sua 500 rossa, di cui va fiero. Quando torna al paese si diverte a percorrere agevolmente le stradine, dove il nuovo Suv di Luigetto non potrebbe passare.

A proposito di Luigetto, che da un bel po’ di tempo si fa chiamare Luigi, schernendo il padre che si ostina a guidare quella macchinetta, qualche giorno fa, tutto tronfio, gli ha mostrato come ad un certo comando il suo macchinone risponda con una voce femminile (metallica, per la verità!) per indicare la strada da prendere, su uno schermo, oppure gli dica se c’è spazio per il parcheggio, o azioni da sola gli abbaglianti e cose del genere. Peppe non ha risposto alla provocazione, si è limitato a strizzare l’occhio a Tilly. “Ma che ne può sapere Luigi delle grandi chiacchierate che ci facciamo noi!”
Quella macchina è rimasta il suo ultimo baluardo di un tempo perduto.

P.S.

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