Postato in data 30 Ottobre 2017 Da In News

REFERENDUM DEL NORD TESTA DI PONTE

Siamo onorati di ospitare una riflessione del caro amico e collega Antonio Casa, che dopo avere letto i contenuti del nostro giornale, ha deciso di contribuire con una sua opinione alla buona lettura dei nostri lettori.

Cosa resterà del referendum consultivo che si è svolto domenica 22 ottobre in Lombardia e Veneto? La maggior parte dei commentatori politici ha optato per il “niente”, soprattutto a breve e a medio scadenza. Spetterà al prossimo governo, nel 2018, decidere se portare avanti la richiesta – al di là della percentuale di votanti simmetricamente opposta nelle due regioni del Nord – per una maggiore e decisa autonomia finanziaria.

Quella di non trasferire allo Stato centrale una parte dei proventi di imposte e tasse raccolte in loco è affare di antica data. Ci ha provato anche Crocetta negli scorsi anni, con alterne fortune e ricadute da accertare alla prova del bilancio regionale siciliano.

Certo, non si capisce come lo Stato – anche in un ipotetico governo di centro destra, vicino ai governi di Lombardia e Veneto (entrambi della Lega) – possa decidere che qualche miliardo resti nelle due zone sedi della locomotiva imprenditoriale italiana e continui, in contemporanea, a investire in infrastrutture e servizi a vantaggio di circa 15 milioni di abitanti.

C’è un sud del Paese che reclama maggiori attenzioni, nonostante in passato abbia premiato proprio quella parte politica che oggi promette autonomie a destra e a manca.

Ancora prima che economico-finanziario, il discorso appare politico e di lunga durata. Quando Zaia e Maroni hanno indetto i rispettivi referendum, neanche sospettavano che la coalizione di centro destra potesse rialzare la testa in vista della scadenza elettorale del 2018.

Pertanto, i referendum sono stati indetti proprio per incalzare, quasi senza speranza, un governo di altro colore e fare breccia negli elettori locali, che infatti si sono espressi quasi tutti per il sì.

Questi referendum potrebbero, invece, essere la testa di ponte per chiedere un giorno ben altro, come l’indipendenza. Uno scenario che, se il divario Nord-Sud crescerà, potrebbe svelarsi fra dieci o vent’anni. Come oggi in Catalogna.

Antonio Casa

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