maschera

Postato in data 17 Ottobre 2016 Da In Fatti

MASCHERA

Finalmente te ne andrai davvero dalla mia vita. Sparirai dalla mia vista e di te non saprò più niente.

Stamattina mi sono alzato di buonumore pensando a questa inattesa e sorprendente novità.

Già, ma per un uomo integerrimo e fedele come me che si è dedicato anima e corpo alla sua famiglia, che ha lavorato sodo per tirar su i propri ragazzi e garantire alla sua compagna stabilità e amore incondizionato, non è piacevole sapere di essere stato prima tradito, e poi abbandonato nel modo più ignobile.

Ti ho maledetto mille volte, Manuela, per il male che mi hai fatto, per avermi estromesso dalla tua vita, per avermi fatto godere della presenza dei miei figli solo a tempo, senza condividere la loro quotidianità.

E infine lo strazio patito nel vederti andare in giro con il tuo nuovo compagno, bella e felice, radiosa e sicura, sprezzante della  mia umiliazione e della mia solitudine.

Ti ho odiata mille volte nelle mie infinite notti solitarie in cui ho dovuto spegnere a forza il desiderio di te che mi assaliva improvviso e potente.

Ho soffocato con vigore la mia rabbia e ho dovuto impormi di indossare questa perfetta maschera di ex marito indifferente e “superiore” che accetta civilmente la volontà di una separazione non lasciandosi mai andare a rimproveri o a lagnanze di fronte ai propri figli per non turbarli, e per non svalutare la figura della loro amatissima madre.

Io non contavo niente per te. Persino il tuo cagnolino era più importante di tuo marito e a lui riservarvi le cure e le attenzioni che invece io avrei  meritato per quello che ero e per quello che ti davo.

Poi un giorno è finita. Sono andato avanti oscillando per tanto tempo fra rassegnazione, livore e gelosia. E’ stata dura, ma sono sopravvissuto e nessuno ha mai intuito, dietro la pacata apparenza, quello che si nascondeva, delirante e ossessivo, nella mia anima triste e annebbiata.

Ieri, all’improvviso, mi giunge la bella novità. Parti. Te ne vai. Lasci tutto per un lungo viaggio misterioso.

I figli sono grandi, la tua storia con il mio sostituto è finita, è tempo di cambiare aria.

Bene, avverto un profondo senso di liberazione.

Il pensiero di te finirà di tormentarmi. Non avrò più l’occasione di incontrarti per strada, di evitare gli amici e i locali che frequenti, di parlare gelidamente con te al telefono quando chiamo per avere notizie dei miei ragazzi.

Di tenermi stretta questa maschera che è diventata parte di me. Finalmente non esisterai più.

E’ una bella notizia, davvero. Quello che avevo sperato per anni si è avverato. Le mie preghiere sono state esaudite. Ti ho augurato tutto il male del mondo e ti ho mandata al diavolo tante volte.

Volevo che sparissi e finalmente lo stai facendo.

Ma non posso perdermi lo spettacolo della tua partenza. Da marito “civile”e distaccato, non mi eclisserò. Non potrò mancare.

Mi recherò sfacciatamente in quella che è stata la nostra casa e verrò a salutarti. Non potrai obiettare niente. E io mi celerò dietro la mia immagine di uomo integro e composto mentre ti bacerò con distacco e affettuosa cordialità.

Mi metto in macchina. Per fortuna oggi c’è poco traffico, sono riuscito ad arrivare in modo abbastanza celere in quella che fu il nostro “nido”.

La porta di ingresso è aperta. Salgo le scale speditamente. Mi vengono incontro i miei figli e mi abbracciano. Ricambio e prolungo l’abbraccio, come per comunicar loro che adesso io per loro ci sarò ancora di più.

Dentro il salone ci sono tanti amici in casa in quella che appare una festa di saluto per la tua partenza, e tutti mi osservano, mi salutano curiosi e imbarazzati.

E tu, Manuela, sei lì al centro della stanza, sempre bella, con la pelle candida e liscia , le labbra carnose, i tratti del viso dolci e alteri. Sempre elegante  in quell’impeccabile vestito color grigio che fascia il tuo corpo armonioso.

Non mi guardi. Ma io continuo a fissarti con spudorata insistenza. Non ho più disagio a trovarmi di fronte a te. Adesso mi sento forte.

C’è anche il tuo cagnolino, accucciato in un angolo. Sembra smorto, forse non ti perdona di abbandonare anche lui.

Ecco, è il momento, stai per uscire di casa.

Adesso ho paura. All’improvviso sento salirmi prepotente al petto  un singhiozzo, infine un urlo inumano.

Non capisco che cosa ne è stato della mia compostezza, del mio decoro, e non riconosco quella mia voce che grida “Manuela! Manuela!” Non so da dove provengano queste lacrime inarrestabili.

Io che non ho mai pianto in vita mia.

Cerco di strattonarmi da quelle braccia vigorose che mi trattengono per bloccare l’impeto assurdo che mi ha strappato la maschera lasciandomi vergognoso e nudo di fronte a me stesso, agli altri e davanti a te, Manuela, che amo ancora, nonostante tutto.

Eppure davanti a questa scena penosa, tu sei rimasta impassibile

Ti vedo andar via dalla stanza dentro la bara coperta di fiori bianchi . Non ho la forza di seguirla.

Rimango tremante, esausto, accasciato in una sedia davanti agli occhi dei presenti che mi osservano con pietoso cordoglio. I miei ragazzi sono commossi, non sanno cosa dirmi.

Ora sono andati tutti via. Ti stanno accompagnando verso il tuo ultimo viaggio.

Ma io no. Non posso. Come non posso più negare a me stesso la tragica verità.

Non mi resta altro che star qui da solo assieme al tuo vecchio cagnolino che giace dimenticato e immobile in un angolo e che accoglie, incredulo, le carezze che non gli ho mai dato.

Angela Di Salvo

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