Postato in data 9 Marzo 2020 Da In Società

IL MERIDIONE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

Ora che il coronavirus, COVID 19, si sta espandendo in Italia prevalentemente nelle regioni del nord, Lombardia e Veneto in primis, con un alto numero di contagiati che cresce di giorno in giorno e di ora in ora, con un impatto straordinario sull’organizzazione del lavoro negli ospedali, l’epidemia riesce a mettere a dura prova la ricettività delle strutture ospedaliere, l’organizzazione sanitaria nel suo complesso con i suoi addetti, personale medico e sanitario infermieristico, e chiaramente l’intero S.S.N. E’ l’intera rete ospedaliera che in questa fase è sotto stress e necessita di un maggiore coinvolgimento da parte di tutti gli operatori sanitari e delle istituzioni.

Il propagarsi del coronavirus in altre regioni del sud del paese, con un incremento esponenziale di contagiati, metterebbe a serio rischio la tenuta dell’organizzazione sanitaria italiana, vuoi per le diversità esistenti in termine di efficienza tra le diverse aree geografiche, vuoi per le croniche carenze presenti nel mezzogiorno d’Italia. Infatti il fatto che Cristo “ieri” si è fermato ad Eboli come tappa finale del suo viaggio verso l’inferno nel profondo sud italiano e che oggi lo stesso Cristo descritto da Levi avrebbe rimarcato la linea di confine della sua fermata molto più a nord la dice lunga sullo stato delle cose in questo particolare territorio.

La realtà ben nota a tutti, e volutamente dimenticata, ci mostra un meridione in continuo affanno, fanalino di coda nei confronti delle regioni del nord, privo di infrastrutture, con ospedali poco dotati ad affrontare tale emergenza e di una rete viaria spesso fatiscente che ostacola i collegamenti. Insomma una realtà per certi aspetti non molto diversa da quella descritta da Levi anche se la comunicazione offerta dai media e dalla politica vuole farci apparire un sud in grado di potere affrontare agevolmente un eventuale aumento di contagiati da coronavirus con strutture ospedaliere degne di questo nome capaci di far fronte alle esigenze del momento.

Da medico meridionale nutro qualche perplessità sulla risposta immediata e positiva offerta dall’organizzazione sanitaria considerati i posti letto limitati nei reparti specifici di primo intervento quali quelli di emergenza, di terapia intensiva, di malattie infettive e di pneumologia, che andrebbero facilmente in tilt di fronte alle richieste crescenti di ricovero in caso di una vera necessità esponenziale.

Le scelte ottuse della politica con i continui tagli al numero dei posti letto, con gli organici dei medici e del personale sanitario sempre più ridotti, hanno provocato nel corso degli anni solo scompenso ad una assistenza sanitaria già di per se precaria, rivolgendo il proprio operare non all’efficienza ma esclusivamente alla riduzione della spesa sanitaria.

Dott. Paolo Caruso- Pneumologo  (Foto)

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