munzu ovvero cuoco

Postato in data 4 Agosto 2016 Da In Storia

IL CAPPELLO DEL MUNZU’

I primi abitanti di Ragusa, attività scomparse: cuochi, bettole, affittacamere

 

Partiamo da lontano. Si racconta che i primi dominatori della Sicilia fossero stati i Sicani, gli Elimi, i Greci i Troiani e i Siculi. Furono soprattutto i greci, nel 263 A.C. a portare cultura e commercio. I Siculi preferirono darsi alla cultura della terra e all’allevamento del bestiame.

I primi abitanti di Ragusa, con le loro imbarcazioni trovarono la foce di un fiume largo, profondo e navigabile. Lo imboccarono e navigando trovarono una terra meravigliosa, circondata su tre lati da altrettanti corsi d’acqua. Il più importante era quello lungo il quale stavano navigando, che chiamarono Irminio, “u sciume ranni”. Gli altri due presero il nome di San Leonardo e Santa Rosalia.

Quegli antichi esploratori, visto quel luogo fertile e ricco d’acqua, decisero di fermarsi. Trovarono delle grotte naturali e vi si insediarono. Molte di queste grotte sono ancora oggi esistenti nei pressi dell’antica stazione di Ibla. Diciamo questo per far comprendere come le radici agricole del nostro territorio affondino nel lontano passato.

Un balzo in avanti e siamo ai primi del Novecento. Dai primi anni del secolo fino alla sua metà, non esistevano a Ragusa locali di ristoro di gran lusso. Un solo albergo, “ Trinacria” di don Mario Di Natale. Ben 33 affitta camere mobiliate, 56 bettole, 10 locande e fondaci.

Da queste parti erano ospiti spesso commercianti di bestiame, di caciocavallo, di legumi o cereali. Non mancava qualche compagnia di avanspettacolo.

Per inciso, ricordiamo che nella prima metà del secolo i giornali stampati a Ragusa erano tre: “ La vedetta iblea”, “ foglio della federazione fascista”, “Terra nostra” dei lavoratori agricoli e “L’araldo del Gran Re” di propaganda fascista…

Ma torniamo alle attività oggi quasi scomparse. Tra tutte, in questa sede, piace ricordare quella del “munzù”, ovvero del cuoco. Non esisteva, infatti, famiglia di nobili o di ricchi proprietari terrieri che non ricorresse alla loro opera culinaria!

I munzù entravano giovanissimi al servizio di queste casate per uscirne anziani. Non esisteva di norma una paga, ma solo una ricompensa in cibo, vestiario e pietanze per la famiglia. L’impegno e la paga consistevano, dunque, nel non far soffrire chi rimaneva a casa.

Dagli anni venti si sono succeduti grandi munzù. Ricordiamo don Carmelo Malandrino, don Peppino Migliorisi e don Gaudenzio La Monica. A quest’ultimo i padroni elargirono, per riconoscenza, e affinché altri nobili non potessero usufruire della sua arte, un vitalizio di una lira al giorno.

Impegno che gli eredi della famiglia onorarono fino alla fine della vita del munzù, che raggiunse la veneranda età di 97 anni. Il ricco industriale cavaliere Cassì volle donare alcuni terreni ai propri cuochi e servitori.

Ed oggi, dove sono i munzù? A Ragusa rimane una figura molto conosciuta e stimata che risponde al nome di Giorgio Veninata, grande personaggio sempre impegnato nel suo lavoro. L’amico Giorgio nasce nel 1938 ed inizia la sua attività all’età di sette anni come “trabante” di un ricco casato.

Ne esce a venti anni, quando ormai ha imparato il mestiere del cuoco. Il suo impegno e la sua vocazione sono sempre state quelle di deliziare il palato dei suoi innumerevoli ospiti.

Nel corso della sua lunga carriera di ristoratore ha avviato diversi locali di sua proprietà. Ama molto la cucina casareccia come dimostra quella memorabile edizione di “Ibla viva” quando impastò e frisse in strada centinaia di arancine.

Qualcuno ricorderà, anche, le sue pannocchie arrostite nel lungomare di Mazzarelli. Sempre a Marina di Ragusa, riuscì a impastare e infornare in poche ore centinaia di panini. Il fornaio, infatti, si era dimenticato dell’impegno preso in occasione di un banchetto nuziale ed il nostro munzù salvò la situazione.

Per gli amanti della fiction, non è una sorpresa scrivere che nel suo locale di Ibla, “La Rusticana”, è ospite fisso il commissario Montalbano. Vittorio Sgarbi ha lasciato scritto sul muro del locale “qui si mangia e si sta bene”.

Il nostro munzù oggi si sta godendo un meritato riposo anche se non sa dire mai di no qualora gli amici lo chiamassero per cucinare, ad esempio, una porchetta a regola d’arte. E’ già successo al circolo San Giorgio dove si è celebrata una grande festa organizzata dall’instancabile Andrea Di Rosa, coadiuvato da Turuzzo  Passalacqua, in onore del presidente del circolo Vittorio Occhipinti.

Giovanni Gambina

 

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