Postato in data 14 Novembre 2021 Da In Politica

COP 26, UN’ALTRA OCCASIONE MANCATA

Ora che a Glasgow si sono spenti i riflettori sulla conferenza delle Parti sul clima (COP 26) organizzata dalle nazioni unite per provare a ridurre l’utilizzo graduale dei fossili e limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi dai livelli pre-industriali (1/2 grado in meno rispetto all’accordo di Parigi) fondamentale per le sorti del nostro pianeta, resta l’amarezza di un’altra occasione mancata, di un accordo al ribasso. I temi trattati riguardano tutti i popoli del mondo sempre più colpiti dalle conseguenze del cambiamento climatico e dagli eventi estremi da esso determinato. In queste prime due settimane di novembre della Conference of Parties (COP 26) molti gli argomenti discussi da parte dei tanti leader presenti in rappresentanza di 197 nazioni, dalle più industrializzate e più inquinanti a maggior impatto ambientale a quelle in via di sviluppo e a maggior rischio calamità, ma purtroppo come spesso accade gli egoismi e gli interessi economici la fanno da padrone facendo rimanere i buoni propositi in stand by, avvolti da una fitta coltre di nebbia fatta di promesse generiche e sempre più futuriste.

Così un evento importante come questo di Glasgow che riunisce i leader di 197 Paesi per concordare come intensificare l’azione globale volta a risolvere la crisi climatica riducendo le emissioni di CO2 legate all’utilizzo del carbone e dei fossili in genere ancora una volta dimostra la sua debolezza, infatti Cina e India che vedono nella decarbonizzazione un grave danno economico frenano. Dalle Maldive al Kenya, dal Messico agli altri Paesi più vulnerabili , quelli che soffrono maggiormente le conseguenze del cambiamento climatico, si eleva la richiesta di un accordo ambizioso quello di un ulteriore taglio alle emissioni che però rimangono del 45% al 2030 rispetto al 2010, zero emissioni nette che vengono rinviate intorno la metà del secolo, e inoltre di non sforare il limite di 1,5 gradi pena la desertificazione, i cicloni, le inondazioni, tanti morti e emigrazioni bibliche.

Cosa abbastanza grave e irresponsabile è che in questo documento finale vengono meno gli impegni economici annui previsti dall’accordo di Parigi per aiutare i paesi meno sviluppati a decarbonizzare e anche il fondo per ristorare i danni e le perdte dovute al cambiamento climatico. Resta la sensazione che poco in termini di concretezza si sia fatto e che l’accordo sia abbondantemente “annacquato”. Probabilmente un’altra occasione mancata. Molto “Bla bla bla”, poche azioni di rilievo e l’urlo di Greta Tumberg ai leader delle Nazioni è proprio quello di un ennesimo fallimento. Il tempo sta scadendo e le promesse rimangono tradite; infatti nulla di concreto per il raggiungimento del traguardo ambizioso di 1,5 gradi, niente impegno ne date chiare e accettabili per eliminare le fonti fossili e in particolare il carbone, niente date precise per presentare gli impegni nazionali di riduzione delle emissioni che rischiano di arrivare troppo tardi con i rischi reali di un pianeta avviato verso la distruzione.

Bruciare fossili ha prodotto negli ultimi 20 anni 3/4 circa dell’importo di CO2, principale causa del riscaldamento globale. Purtroppo il passo tenuto sul cambiamento climatico dai rappresentanti dei diversi Paesi è particolarmente lento e non paragonabile a quello più veloce e più dirompente degli stravolgimenti naturali che insidiano ghiacciai, foreste, biodiversità, la sicurezza alimentare e la salute di milioni di persone. Mancano in questa assise internazionale impegni precisi a presentare e rispettare gli NDC (Nationally Determined Contributions) stabilite dall’accordo di Parigi per la neutralità carbonica, condizione in cui si potranno emettere tanti gas serra quanti se ne potranno rimuovere dall’atmosfera. Il documento finale pare debole e vola basso. Di Glasgow resterà solo la certezza di un’altra occasone sprecata e il ricordo dei cortei, gli slanci e la rabbia di tanti giovani che insieme all’attivista svedese Greta Thumberg paladina del movimento ambientalista “Friday for Future” hanno riempito di colori con le loro bandiere e i loro striscioni le vie di questa ridente città scozzese, tenendo sempre alta l’attenzione sullo stato di emergenza del pianeta. Prossimo appuntamento a Sharm el-Sheikh con COP 27.

Dott. Paolo Caruso

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