Postato in data 30 Luglio 2018 Da In Fatti

AGRICOLTURA PARADIGMA IN NEGATIVO NELLA PROVINCIA DI RAGUSA

L’agricoltura qui rappresenta il paradigma di riferimento del tessuto economico e produttivo complessivo. Un paradigma negativo, nel senso che qui a Ragusa, anche dalle aziende più strutturate, con grande capacità di esportare prodotti di qualità e dove viene applicato il CCNL di riferimento, emerge sempre più il profilo di un lavoro povero, fatto di bassa retribuzione a fronte di un impiego faticoso e pesante.

Da ciò si può immaginare quale modello di mercato del lavoro si profila in quel denso pulviscolo di piccole e medie aziende, parte maggioritaria del nostro contesto produttivo. Aziende sganciate, in molti casi, dalle regole contrattuali e impostate su modelli organizzativi dove l’elemento più evidente è lo sfruttamento lavorativo.

Quest’ultimo rischia, giorno dopo giorno, di diventare la cifra del settore agricolo, anche se non si può con leggerezza fare generalizzazioni. Non si può dire che da noi si sia imbarbarita la cultura del lavoro, a tal punto da aver portato a un arretramento culturale e sociale complessivo del nostro tanto decantato modello produttivo, ma non si possono di certo disconoscere i molti casi che stanno via via emergendo, da far pensare ad una graduale ma determinata svolta, da far presumere che a prevalere siano forme di lavoro incentrate su bassissime retribuzioni, accompagnate da un prolungato utilizzo orario dei lavoratori, senza adeguate procedure di sicurezza e con la dignità umana spesso messa sotto i piedi.

Il nostro territorio ha intrapreso la strada della riduzione del costo del lavoro come leva competitiva. Fatto che sembra sfatare “il mantra” che la crisi in atto del comparto agricolo ha determinato la disattivazione delle disposizioni contrattuali riguardanti la retribuzione, l’orario di lavoro.

Beninteso, la crisi che affligge il settore agricolo determina anche queste dinamiche, ma fa insospettire che tali dinamiche vengano riscontrate anche dove non c’è stata traccia alcuna della crisi.

E’ chiaro che lo strapotere dei meccanismi mafiosi e malavitosi che controllano parte del settore agricolo e la sua filiera condizionano anche i processi del mercato del lavoro agricolo. E’ evidente che la valenza e il potere della grande distribuzione incidono indirettamente sulle politiche retributive delle aziende, ma è anche vero che in molti casi il piglio della sotto-paga e dell’utilizzo sfrenato della manodopera bracciantile sia diventato un modus operandi e costituisca un motivo di arricchimento delle imprese e delle collegate reti illegali di approvvigionamento della manodopera.

Spesso la crisi è stato l’alibi per smussare diritti, tutele, per dare il via allo sfruttamento e giustificarlo e fare affari.

Il variegato mondo dell’agricoltura e della sua filiera sembra stia diventando il modello verso cui sembrano tendere gli altri settori produttivi. Quest’ultimi tendono a ricalcare sempre più le caratteristiche povere del mercato del lavoro che contraddistingue l’agricoltura.

La retribuzione media mensile di questo nostro territorio si attesta intorno alle 850 euro, quindi su attestazioni inferiori alle risultanze emerse di recente da una analisi sociologica, fatta dai consulenti del lavoro, che ha assegnato alla nostra provincia una retribuzione mensile media di 1.050 euro. E qui l’agricoltura fa da battistrada.

A Ragusa esiste un problema “retribuzione”! Di una condizione che trasversalmente attraversa tutti i comparti produttivi. Ed è una condizione che lancia un silenzioso, ma forte appello al sindacato. Sta a noi recepirlo. Sta alla Cgil avviare la vertenza retributiva in provincia, senza più differimenti né attenuanti. La prospettiva di questo lembo è ancora recuperabile, se si interviene subito.

Salvatore Terranova
Segretario Generale

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